Se qualcuno chiede aiuto, la cosa più importante da fare non è pensare, ma correre. Marina di Pulsano, Taranto, spiaggia libera Le Canne, pochi giorni fa. Il mare lì è blu forte. Il sergente maggiore Angelo Greco, 40 anni, del 32° Stormo di Amendola, ha appena messo sul canottino sua figlia Noemi. Angelo avrebbe dovuto essere di turno, ma un collega gli aveva chiesto il cambio. Il destino aveva deciso che c'era bisogno di lui, proprio lì, in quel momento e su quella spiaggia. Due donne al largo annaspano, muovono le braccia, chiedono aiuto. Angelo si tuffa, in poche bracciate le raggiunge. In quel tratto il fondale è basso poi, all'improvviso, non si tocca più, e le correnti sono fortissime. «Ne ho presa una per volta con le mani sotto le ascelle. Intanto parlavo con loro, le tranquillizzavo, cercavo di farmi vedere sorridente. Sono tornato a riva stremato…». Ma c'erano altre persone in quel tratto di mare. Angelo si è tuffato ancora, e una alla volta le ha portate a riva tutte. Per farla breve: tre bambini e quattro adulti salvati in pochi minuti. Capita spesso che un eroe silenzioso salvi la vita a qualcuno. Poche righe in cronaca, non fa notizia più di tanto. Invece in questi giorni in cui si parla solo di furbetti e untori, vorrei che si pensasse ad Angelo Greco come all'uomo dell'estate. Vorrei che ci insegnasse a correre, fino a che ci resta il fiato, senza avere paura.
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