È diventata una missione impossibile, in Italia, semplificare. Norme e procedimenti, regole e burocrazie: tutto ciò che attiene al pubblico sembra straordinariamente resiliente a qualsiasi tentativo di riduzione, compressione, efficientamento. Risale a circa 30 anni fa il primo intervento normativo del genere nel nostro Paese: da allora, per tutti i Governi, la semplificazione di norme, procedure e macchina dello Stato è stato uno degli obiettivi politici più desiderabili e – al tempo stesso – uno dei fallimenti più evidenti. Temo che non farà eccezione a questa "maledizione italiana" il Decreto Semplificazioni appena convertito in legge.
Una serie di evidenze mostrano come l'obiettivo di semplificare si sia già tradotto, spesso, nell'effetto finale opposto. In primis colpiscono l'abbondanza di articoli contenuti nel decreto (ben 65 con 2 allegati), preceduti da una lunga e dettagliata relazione di presentazione di 137 pagine, l'alto numero di materie trattate nel decreto e la presenza di un gran numero di disposizioni settoriali molto specifiche e di poche disposizioni di carattere generale. Con questo decreto, inoltre, non si interviene in alcun modo sulla semplificazione - a monte - delle norme né si fa ricorso a tecniche di delegificazione. Non si sopprimono organismi esistenti, ma se ne istituiscono di nuovi. E infine non si attribuisce a nessun organismo, a nessun soggetto politico o amministrativo la responsabilità di supervisionare l'attuazione della riforma.
È facile prevedere, dunque, che questa riforma non libererà gli italiani da quella che in un mio saggio (da cui prende il nome questa rubrica) ho definito la "trappola dell'opzione zero": negli ultimi 20 anni, nella gran parte dei casi in cui un Ministro, un Sindaco, un dirigente pubblico, un grande imprenditore, un Rettore ha dovuto adottare una decisione nel nostro Paese - assumendosi una responsabilità ed i rischi ad essa collegati - ha scelto in realtà la "opzione zero". Ha deciso di non decidere, di non assumersi responsabilità, di non rischiare in alcun modo.
Come uscire da questo tunnel? Copiando da chi il problema l'ha già risolto, come gli Stati Uniti. Potremmo istituire ad esempio, presso la Presidenza del Consiglio, un organismo analogo all'Office of Information and Regulatory Affairs della Casa Bianca: come racconta nel suo saggio "Semplice" Cass Sunstein, quest'organismo fu creato nel 1980 (35 anni fa!) da Ronald Reagan. L'ordine istitutivo dell'organismo stabiliva: «nessuna nuova iniziativa di regolazione dovrà essere intrapresa, a meno che i benefici sociali che potrebbero derivarne non superino i costi potenziali». Se e quando saremo pronti ad adottarlo anche in Italia, sarà una rivoluzione.
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