«Oggi è già domani / quando tu ritornerai / Oggi è già domani / quando io ti rivedrò». Come molti di voi sapranno, è l'incipit di una canzone. Suonata durante la messa. Una canzone che, appena si intonavano le note che introducevano il testo, mi riempiva di commozione. Nulla sapevo, le prime volte che l'ho ascoltata e in verità fino alla maggiore età, del talento e dell'incredibile ispirazione di Pier Angelo Sequeri, teologo, musicista, pedagogo. Come non sapevo che la splendida “Symbolum 77” fosse sempre sua. E quante volte ho cantato a squarciagola o ascoltato dagli altri in silenzio le parole di questo incredibile trascinatore ecclesiastico. Ma torniamo alle prime parole sopra citate. Con una potenza di sintesi inimmaginabile. Fu proprio a questa canzone che pensai la prima volta che sentii il termine “Sempiternità” di un'altra figura anomala quanto infinitamente affascinante, quella di Ramon Panikkar che adoperava questo suo neologismo a indicare un tempo - quello dell'infinito - che non può essere passato (sarebbe assurdo) ma neanche precisamente futuro, in quanto l'infinito non può avere inizio né fine. Concetti che masticavo con difficoltà studiando filosofia e teologia ma che pure, in quelle parole («Oggi è già domani /quando tu ritornerai / Oggi è già domani /quando io ti rivedrò»), avevo già assorbito a cinque anni.
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