Le recenti linee guida sulla sedazione palliativa (11 maggio 2023), promosse da Sicp (Società italiana di cure palliative) e Siaarti (Società italiana anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva) definiscono la sedazione palliativa per sintomi refrattari come una «procedura terapeutica mirata alla riduzione o abolizione intenzionale della vigilanza/coscienza con mezzi farmacologici allo scopo di eliminare la percezione di una sofferenza intollerabile dichiarata dal malato o valutata dai curanti e provocata da uno o più sintomi refrattari in fase avanzata o terminale di malattia». Sintomi refrattari possono essere dolore, nausea, dispnea grave, che provocano sofferenza fisica e/o psicologica intollerabile per il paziente, fino all’«angoscia psicologico-esistenziale» in prossimità della morte, non essendoci alternative terapeutiche adeguate ed efficaci nel controllare tali sintomi. Il Comitato nazionale per la bioetica (26 gennaio 2016) ricorda «alcune condizioni indispensabili eticamente per l’attuazione della sedazione profonda: una malattia inguaribile in uno stadio avanzato; la morte imminente; la presenza e verifica di uno o più sintomi refrattari o di eventi acuti terminali con sofferenza intollerabile per il paziente; il consenso informato del paziente». È importante avere il consenso informato del paziente, quando possibile, ed eventualmente aver definito una pianificazione anticipata delle cure, anche con le dichiarazioni anticipate di trattamento. Dal punto di vista medico, la sedazione palliativa può effettuarsi in diverse modalità, e può essere: superficiale (non toglie completamente la coscienza), temporanea o intermittente, profonda (annulla la coscienza), e continua fino alla morte del paziente. Va inoltre precisata con chiarezza la differenza tra sedazione palliativa profonda ed eutanasia e suicidio medicalmente assistito. La prima si pone l’obiettivo di dare sollievo a sofferenze e sintomi insopportabili, e per questo si somministrano farmaci specifici in dosi commisurate allo scopo (in generale, benzodiazepine, oppioidi...), differenti da quelli impiegati per procurare la morte. La prospettiva è alleviare i dolori non altrimenti trattabili, per il bene del paziente, in un percorso di cure palliative, coinvolgendo i familiari nella comprensione di tale approccio e offrendogli un adeguato supporto psicologico. Quindi, si può riconoscere un consenso generale sulla liceità etica della sedazione palliativa profonda, anche da parte della Chiesa cattolica. Il cardinale Pietro Parolin in un messaggio alla Pontificia Accademia per la Vita per un convegno sulle cure palliative (28 febbraio 2018)
sottolinea che «con la sedazione, soprattutto quando protratta e profonda, viene annullata quella dimensione relazionale e comunicativa che abbiamo visto essere cruciale nell’accompagnamento delle cure palliative. Essa risulta quindi sempre, almeno in parte, insoddisfacente, sicché va considerata come estremo rimedio dopo aver esaminato e chiarito con attenzione le indicazioni».
Cancelliere
Pontificia Accademia per la Vita
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