Alcuni fra i ricordi più intensi della mia carriera sportiva sono legati ai momenti in cui la squadra nazionale di pallavolo di cui ero commissario tecnico incontrava i nostri connazionali all'estero. Dall'Australia al Sudamerica, dal Giappone all'Iran, dalla Korea al Canada, ogni volta era non solo una festa, ma un evento che nessuno avrebbe più dimenticato, né noi, né loro. Nel 2014, in occasione di una partita della World League che la nostra nazionale disputò contro i padroni di casa brasiliani a Jaraguà du Sul, ci trovammo di fronte a una marea di tifosi, più di diecimila, tutti vestiti di giallo con un unico puntino blu: un signore che si era presentato lì, da solo, con la maglia della nostra nazionale di calcio e il tricolore in mano. Se ci penso mi viene ancora la pelle d'oca. Io stesso sono stato un italiano all'estero per nove anni, allenando, prima della nazionale italiana, in Grecia e in Finlandia.
Ecco perché una notizia che sta circolando da qualche giorno mi ferisce: la chiusura di una storica trasmissione sportiva di Rai Italia, quella che una volta si chiamava Rai International, l'emittente del nostro servizio pubblico che raggiunge oltre 50 milioni di nostri connazionali in quattro continenti, America, Asia, Oceania e Africa. La trasmissione in oggetto si intitola "La giostra dei gol" e dal 1977 racconta ai nostri connazionali residenti in quei quattro continenti, il nostro campionato di calcio di serie A attraverso il classico dibattito da studio e le immagini delle partite. Tuttavia, la Lega Calcio di serie A ha venduto al miglior offerente i diritti televisivi del nostro prossimo campionato e sul tavolo Cbs e Infront hanno messo molte più risorse. La Rai è rimasta alla finestra e, senza la possibilità di far vedere le immagini dei gol e delle partite, quella trasmissione, che ha accompagnato due generazioni di italiani nel mondo, perde il suo significato. La chiusura va oltre, naturalmente, la semplice privazione di uno spettacolo sportivo, perché rappresenta un taglio netto di un legame storico e decennale con un pezzo enorme del nostro Paese, che nel mondo ci rappresenta, consuma prodotti italiani e vuole continuare a tenere viva una relazione culturale e linguistica con la nostra nazione. Sono ben più di cinque milioni i nostri connazionali che vivono all'estero e se si allarga il dato alle seconde e terze generazioni si arriva praticamente a un'altra Italia che vive al di fuori del nostro Paese e investe qualche dollaro per abbonarsi a Rai Italia, magari proprio per lo spettacolo calcistico, usufruendo poi di tutto il resto del palinsesto generalista, dai telegiornali in poi.
Sarebbe davvero un enorme occasione persa e un bel problema se a tagliare questo legame fosse un approccio pesato da un punto di vista solo economico. Ancora una volta (è già successo poche settimane fa in occasione del tentativo di blitz per dare vita alla SuperLega) sarebbe opportuno, se ancora possibile, riavvolgere il nastro e trovare una soluzione, dialogando certo con esperti di budget, ma anche con chi possa leggere questa situazione (e i cambiamenti che innescherebbe) da un punto di vista psicologico, sociologico, antropologico.
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