L'Italia agroalimentare continua far segnare punti dalla sua parte: in dieci anni la sua presenza
sui mercati internazionali è cresciuta, la qualità dei prodotti anche, i riconoscimenti (e ovviamente le imitazioni) pure, la capacità d'uso delle nuove tecnologie è ormai diffusa e aumenta in continuazione. Insomma, i nostri agricoltori " si direbbe " non sono secondi a nessuno. O quasi. Ma, per capire lo stato di salute della nostra agricoltura basta gettare uno sguardo alle notizie e agli avvenimenti che in questi giorni hanno animato l'edizione 2008 della Fieragricola di Verona. Proprio ieri, per esempio, è emerso chiaramente " da una ricerca di Nomisma " che negli ultimi dieci anni la quota dell'Italia nel commercio agroalimentare mondiale è passata dal 2,8% al 3,1%. Siamo al decimo posto nella graduatoria dei Paesi esportatori. E non basta perché nello stesso periodo il valore dei nostri prodotti venduti all'estero è aumentato del 72% contro una media mondiale del 58%. Risultati che fanno sorridere di soddisfazione, quindi. Anche se, immediatamente a fianco di questi, sempre Nomisma ha ricordato che alcuni importanti Paesi nostri concorrenti corrono più di noi. Basta pensare al Brasile, alla Cina, alla Germania e alla Spagna. Quest'ultima, ci supera nella corsa per la conquista dei mercati ortofrutticoli. Mentre per altri comparti, come quello vitivinicolo, viene fatto notare che il nostro primato è fondato anche su un prezzo medio di vendita all'estero inferiore a quello mondiale. Le nostre aziende, inoltre, hanno a che fare non solo con la concorrenza " più o meno leale " presente sui mercati, ma anche con una mole di adempimenti amministrativi che spesso supera l'immaginabile. Basta pensare che per i rapporti di lavoro occorrono, per ogni singola assunzione, anche 15-20 comunicazioni diverse. Le difficoltà, insomma, ci sono. E un riflesso di queste è stato colto sempre a Verona. Stando ai dati diffusi dall'Unacoma (l'unione dei costruttori di macchine agricole), nel 2007 il mercato delle trattrici ha fatto registrate una frenata del 10% dopo un 2006 che aveva già segnato un -6,2%. Mentre il 2008 non sembra aver cambiato tendenza. La crisi delle vendite, è stato detto proprio negli ambienti della Fieragricola, dipende da "fattori strutturali", in particolare la contrazione del numero di aziende agricole, che semplicemente riduce la domanda di macchinari, e la riforma del sistema di aiuti comunitari, che crea incertezza e limita gli investimenti da parte degli agricoltori. A questo punto che fare? Non certo abbandonare la partita. Stando alla ricerca Nomisma, i margini di ripresa ci sono, senza contare il fatto che negli ultimi tre anni il 36,5% del campione rappresentativo usato per condurre le analisi ha registrato incrementi di fatturato. Ma a vincere sono le imprese che esportano, quelle che producono a marchio, quelle che trovano nuove spinte di mercato. Un percorso ancora difficile, ma l'unico praticabile.
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