I supermercati si sono impegnati a tenere bassi i prezzi dei prodotti agroalimentari. L'annuncio è stato dato nei giorni scorsi nell'ambito di Cibus 2008, una delle più importanti manifestazioni del settore alimentare in Europa. Che la proposta lanciata dalla Grande Distribuzione Organizzata (GDO) sia solamente una mossa strategica e d'immagine, oppure un passo concreto verso una politica commerciale più collaborativa all'interno della filiera degli alimenti, è ancora tutto da stabilire, ma rimane il significato dell'iniziativa: dopo mesi di pressioni sui prezzi e qualche tentativo per arrivare ad un accordo, l'anello finale della catena alimentare riprende l'iniziativa. Chiedendo, come è ovvio, in cambio qualcosa: uno sforzo da parte dell'industria per accorciare la filiera e per semplificare la catena logistica. È chiaro che dietro a una iniziativa di questo genere sono i continui cali della domanda di alcuni fra i principali prodotti alimentari. Ma è ovvio che un elemento solo, seppur di peso, non basta per decidere di abbassare i prezzi. È per questo che proprio a Cibus sono stati evidenziati altri problemi. Secondo Federdistribuzione (che associa la maggioranza delle imprese della Grande Distribuzione Organizzata in Italia e che ha lanciato l'idea sui prezzi), gli aumenti delle materie prime che si registrano sui mercati internazionali stanno mettendo sotto forte tensione l'intera filiera agro-alimentare che deve essere quindi «accorciata» e «semplificata», anche «per dare segnali importanti a istituzioni politiche ed economiche, per valorizzare e migliorare le produzioni, per fornire un servizio sempre più efficiente ed adeguato per i consumatori in termini di qualità, assortimenti e convenienza».
La parola d'ordine in questa situazione " che vede fra l'altro tutti gli attori perdenti " è «riduzione»: prima di tutto della conflittualità fra i diversi anelli della catena che porta gli alimenti dal campo alla tavola, e poi " come si è detto " dei prezzi praticati al consumo. Oltre a tutto ciò, per Federdistribuzione occorre anche che le imprese siano più veloci a scegliere le proprie strategie, capaci di attivare collaborazioni efficaci quando serve e che siano in grado di puntare anche su prodotti locali e «prodotti di filiera».
Accanto a tutto questo, la distribuzione moderna mette anche in conto i cambiamenti qualitativi della domanda di alimenti. I consumatori italiani sembrano diventare sempre più esigenti, scelgono con un occhio attento agli aspetti salutistici, alla marcia ma anche, naturalmente, al prezzo. Parrebbe tutto bene, quindi, anche se la proposta lanciata dalla GDO è stata rivolta, per ora, solamente alla produzione industriale di alimenti. Una direzione per certi versi naturale, ma che dovrà tenere conto anche della presenza e del ruolo degli agricoltori. Sarebbe grave se accanto a una intesa che nasce con la trasformazione alimentare, ci fosse una crisi dei legami fra distribuzione moderna e produzione agricola.
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