Il mondo "laico" è malato di provincialismo: crede di essere al centro del mondo. Nel maggio scorso la Congregazione vaticana per l'Educazione cattolica aveva diramato a tutte le Conferenze episcopali del mondo una "istruzione" sull'insegnamento della religione nelle scuole, raccomandandone la cura come "un aspetto del diritto all'educazione". Sembrava ovvio. Nossignori: ai "laici" i documenti vaticani sembrano sempre pensati specificamente per l'Italia, tanto che Ermanno Genre, decano della Facoltà valdese di teologia, parla evangelicamente sul Manifesto (giovedì 10) "dell'arroganza e della cecità che abita le stanze vaticane" e della Chiesa cattolica, che va "a testa bassa a cozzare contro i principi della Costituzione della Repubblica". Teologo, ma non conosce l'articolo 7 della Costituzione e così propone un insegnamento "multireligioso", che sarebbe come se, insieme con la letteratura italiana, s'insegnassero a scuola anche quelle tedesca, inglese, australiana, africane, oceaniche; e, con la storia d'Italia e d'Europa, anche quelle dell'Azerbaigian, del Botswana, della Polinesia e della Nuova Guinea. Insomma studiare, sì, la Bibbia, ma insieme con il Corano, l'Upanisad, il Mahabharata, il Mahavamsa eccetera su cui, come è noto, si fonda la nostra cultura. Anche se, medesimo giorno e giornale, Iaia Vantaggiato, lo smentisce scrivendo che "la scuola pluralista non ha bisogno di confessioni". Invece (martedì 8) a proposito del "testamento biologico", Stefano Rodotà, dichiarava ancora al Manifesto: "La nostra bibbia sia la Costituzione". Ora, o la Bibbia è ritenuta rivelazione divina e allora non va trattata con la b minuscola; oppure, per i motivi qui esposti, perché la Costituzione non è, per esempio, il loro Corano o il loro Tao Te Ching?"
A LUMI SPENTI
"Stiamo affrontando un tempo difficile in piena regressione culturale, radice e fondamento di ogni cattiva politica". Questa volta bisognerebbe convenire con Rodotà, se questi non iniziasse così, su Repubblica (mercoledì 9) una polemica sull'aggettivo "bieco" attribuito da un Vescovo, secondo lui - horribile dictu! - all'Illuminismo. In realtà l'aggettivo era riferito ai "risvolti negativi" di quel movimento ideologico, i cui frutti furono, nel secolo XVIII, anche l'uso smodato della ghigliottina e, oggi, la paternità di tutti quei "diritti" cui non corrispondono doveri né valori: divorzio, aborto, eutanasia, suicidio assistito e pluralismo etico. Insomma proprio quella "regressione" lamentata all'inizio. Oggi una modernità fondata su un'ideologia vecchia di quasi tre secoli che produsse, è vero, molti progressi, ma anche molti disastri e, il secolo scorso, il rifiuto, ideologizzato da schieramenti politici opposti, di una dimensione metarazionale dell'uomo e di una laicità che nega i corrispondenti valori, dovrebbe piuttosto essere oggetto di attenta meditazione. L'Enciclica di Benedetto XVI sulla carità nella verità, vale a dire sul valore e sulla dignità della persona, è una lettura che può suggerire a Rodotà di evitare affermazioni ridicole come quella che oggi "i diritti fondamentali delle persone diventano offerta sacrificale [del Governo] per riguadagnare il favore della Chiesa". Quei vecchi Lumi, ormai spenti, fanno solo fumo e buio, provocando paure, confusione e cattiva politica.
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