L'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) è «l'organismo indipendente per l'analisi e la verifica degli andamenti di finanza pubblica e per la valutazione dell'osservanza delle regole di bilancio». Così lo definisce la legge istitutiva, la n. 243 del 24 dicembre 2012. È costituito da un Consiglio di tre membri, di cui uno con funzioni di presidente. Ebbene, dal primo settembre scorso ne sono rimasti in carica soltanto due in seguito alla nomina di Chiara Goretti a coordinatrice della segreteria tecnica del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Il problema a monte è che anche Giuseppe Pisauro, il presidente, e l'altro consigliere, Alberto Zanardi (entrambi professori ordinari di scienza delle finanze) sono in regime di proroga e da quasi diciassette mesi, perché sono stati nominati il 30 aprile 2014 e il loro incarico avrebbe dovuto durare sei anni.
Non è proprio il quadro ottimale per un organismo che svolge una funzione delicatissima e il cui fondamento è in una legge di rango costituzionale, la n.1 del 2012 – la stessa che ha introdotto nella Carta il principio del pareggio di bilancio – nonché in una serie di fondamentali norme europee. Certo, per assicurare autorevolezza e indipendenza all'Upb è stata congegnata una procedura di nomina oggettivamente molto complicata. Peraltro anche la durata dell'incarico – che supera la durata di una legislatura – è concepita per svincolare il più possibile i consiglieri dall'andamento delle maggioranze parlamentari. Il percorso fissato dalla legge 243 (anch'essa una legge ad approvazione rafforzata) affida alle Commissioni parlamentari competenti in tema di conti pubblici il vaglio delle candidature e la composizione di un elenco di dieci soggetti. I consiglieri – che durante i sei anni del mandato non possono svolgere altre attività professionali né ricoprire altre cariche – devono essere «persone di riconosciuta indipendenza e comprovata competenza in materia di economia e di finanza pubblica a livello nazionale e internazionale». La scelta dei dieci dev'essere compiuta dalle Commissioni bilancio dei due rami del Parlamento con la maggioranza dei due terzi dei rispettivi componenti, il che implica evidentemente un accordo ampio tra i diversi gruppi. Saranno poi i presidenti del Senato e della Camera a scegliere i tre consiglieri nell'elenco fornito dalle Commissioni.
Anche in occasione della prima nomina, a onor del vero, ci furono problemi di tempi, ma si trattava dell'esordio e bisognava per di più organizzare la struttura di supporto dell'Ufficio che – si raccomandò formalmente la Commissione Ue – doveva essere pienamente operativo per poter valutare il documento programmatico di bilancio 2015. Stavolta si può invocare la pandemia: la scadenza del mandato dei consiglieri dell'Upb, nell'aprile del 2020, è coincisa con un periodo che tutti abbiamo drammaticamente scolpito nella memoria. Ma da allora è passato quasi un anno mezzo e, anche se adesso è in corso un'accelerazione nella procedura, c'è il rischio che debba essere ancora l'Ufficio a ranghi ridotti e in prorogatio a "validare" le carte della manovra di bilancio per il 2022. Se dovesse accadere, non crollerebbe il mondo, ma non sarebbe un bel segnale, sia all'interno che all'esterno. Tanto più in un momento in cui il nostro Paese è chiamato a dare una prova di serietà e di tempestività nella gestione dei fondi per la ripresa.
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