Se l'Italia non sfrutta la ricerca
sabato 28 aprile 2012
Più di duemila progetti presentati, ma solo 319 finanziati. Se la capacità di crescita dell'agroalimentare italiano passa anche dalle iniziative di ricerca sostenute dall'Europa, l'orizzonte di sviluppo è davvero triste. Certo, le prospettive di mercato delle imprese agricole e di quelle della trasformazione alimentare sono legate anche a ben altro, ma è chiaro il segnale negativo che si trae dagli ultimi dati resi noti in fatto di finanziamento della ricerca.La fotografia scattata sul "grado di gradimento" della ricerca agroalimentare italiana in Europa, arriva dal ministero dell'Università che ha reso noti i risultati della partecipazione italiana al 7° Programma quadro di ricerca e sviluppo dell'Unione 2007-2013. Numeri pessimi a livello generale, confermati dal comparto "Biotecnologia, prodotti alimentari e agricoltura". L'Italia – ha spiegato l'agenzia "pianetapsr.it" che ha commentato la parte agroalimentare – «è il primo Paese in relazione alle proposte presentate (2.034) ma scende al sesto posto nella classifica dei progetti finanziati (solo 319) dopo Francia, Belgio, Paesi Bassi, Regno Unito e Germania». E non basta, perché «il 66% dei coordinatori italiani vincenti appartiene all'università, il 31% ai Centri di ricerca, mentre l'industria italiana non ottiene nessun coordinatore». In termini monetari, significa che il nostro Paese in fatto di ricerca arriva a totalizzare il 7,59% dei finanziamenti (circa 78 milioni di euro), meno rispetto al 6°Pq, quando la percentuale era stata del 8,7%.Ciò che deve preoccupare, sono però le prospettive. Sul prossimo programma per la ricerca «Orizzonte 2020» alla sicurezza alimentare, all'agricoltura sostenibile, alle risorse marine e alla bioeconomia andranno circa 4,2 miliardi di euro. Un tesoro a disposizione anche degli agricoltori e delle industrie del nostro Paese, a patto che lo si sappia sfruttare. Le ragioni dell'insuccesso italiano sono d'altra parte chiare a tutti gli osservatori. In Italia – è stato fatto notare – mancherebbe una concreta programmazione di lungo periodo, concertata tra i diversi attori coinvolti eche tenga conto dei reali bisogni dell'agricoltura. Detto in altre parole, non siamo capaci a coordinare gli obiettivi con gli strumenti per raggiungerli. Ognuno, pare, continua ad andare per la propria strada: la quantità enorme di richieste indica proprio questo.Secondo molti, poi, manca spesso la voce degli agricoltori e della produzione primaria. Proprio "pianeta.psr" aggiunge: «Spesso la ricerca nasce dalla creatività dei ricercatori e finisce nei cassetti o in pubblicazioni i cui risultati non vengono diffusi nel mondo produttivo ma circolano esclusivamente nei canali scientifici». Parole amare, che però molto spesso rispondono alla realtà, alle quali occorre rispondere mettendo mano a rapporti diversi fra produzione agricola, industria e mondo della ricerca. Con un avvertimento: i soldi presto saranno a disposizione e bisogna fare in fretta.
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