Ieri e domani è da parecchi anni il titolo di questa rubrica. Ieri per non dimenticare le ragioni storiche sulle quali poggiano i nostri giorni e domani per dare una prospettiva possibile e una fiducia nel futuro, almeno quello prossimo, a chi deve ogni giorno trovare una risposta alla propria vita. E l'oggi? A volte ci parrebbe meglio alzare un velo pietoso sul panorama del giorno. La generazione anziana rimpiange il passato ricamandoci sopra la propria giovinezza, quella di mezzo sente la pesantezza del presente ed è la più colpita dall'affanno quotidiano. I giovani ai quali attribuiamo sentimenti e desideri poco positivi hanno invece scelto negli ultimi esami i temi che riguardano il loro presente con una prospettiva sul domani. Non è facile rispondere alle loro domande in modo positivo: cosa fa la politica di oggi per migliorare la nostra vita, cosa offre il mondo del lavoro a una nuova generazione che ha in mano strumenti di tecnologia che aprono la mente e il desiderio di novità senza poi trovare un'applicazione nell'oggi? Possiamo forse dichiarare che li abbiamo ingannati facendo loro credere in una Comunità con un futuro non solo di collaborazione a seconda degli interessi di uno o due paesi, ma di una leale condivisione dei problemi che avrebbero trovato soluzioni in una politica condivisa. Infine in una confederazione o unione politica. Programma iniziato con ardore da tre uomini di cui si è, per ora, perduto lo stampo: De Gasperi, Shuman, Adenauer. Di loro si parla continuamente in convegni, centri di cultura, articoli di giornali che ne riscrivono la fantasia, il coraggio, la forza delle convinzioni. Ma poi tutto si ferma nelle sale dei ricordi, nei discorsi di rammarico di aver perduto assieme a loro una qualsiasi scuola di politica. Ne risulta che la prima rivoluzione nel campo di una reale comunità qual è l'euro sta diventando merce di scambio per costringere paesi indebitati a un rigore che è il contrario della condivisione del male e del bene comune. De Gasperi in uno dei suoi interventi sulla prospettiva di una comunità europea aveva ricordato che per arrivare all'Unità c'era più da distruggere che da costruire. Allora cancellare egoismi di parte, saper rinunciare a posizioni di forza per conciliare i bisogni di tutti i componenti, cedere parte di potere di ogni paese per diventare, nei confronti del resto del mondo una voce forte, un coro unitario. Per questa prospettiva abbiamo fatto negli ultimi venti anni passi indietro e sembriamo sempre di più un enorme carrozzone dove ognuno porta il proprio lamento senza offrire in compenso programmi e soluzioni dove l'altruismo e la condivisione abbiano la parte migliore. Una prospettiva di maggiori egoismi nazionali ci porta a chiuderci e a guardare solo ai nostri interessi dimenticando la ricchezza che portano la passione, la voglia di novità, la forza dell'inventiva e della fantasia. La salvezza sta nel mondo giovane. Lasciamo, loro le vecchie poltrone sulle quali abbiamo costruito un potere ormai consunto e senza ali per il futuro.
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