L’“emergenza giovani” è reale. L’“emergenza adulti” ancora di più. La cronaca – tutte le citazioni sono di ieri, 21/6 – parla chiaro. Abbiategrasso, dove una prof fu accoltellata in classe da un alunno sedicenne. “Corriere”, titolo: «Accoltellò la professoressa: espulso e anche bocciato. La famiglia: “Ricorso al Tar”». L’avvocato: «Un’ingiustizia, aveva voti alti». Scrive Giovanna Maria Fagnani: «Già nei giorni successivi all’avvenimento, il preside Michele Raffaeli aveva spiegato che il regolamento dell’istituto prevedeva l’allontanamento dalla scuola, a seguito di reati perseguibili dalla legge». La notizia è data anche dalla “Repubblica”, dal “Quotidiano nazionale” e da “Libero”.
Sulla “Stampa” merita un commento – titolo: «Accoltellare si può, bocciare no» – di Assia Neumann Dayan che punta il dito verso gli adulti: «Ci siamo sostituiti ai medici, agli insegnanti, agli psicologi, ai sociologi, perfino agli chef: e chi invece sostituisce i genitori? Il problema è che anche i genitori hanno abdicato al proprio principio di autorità: come si è permesso il professore di darti un brutto voto, come si è permesso l’allenatore di non metterti titolare, come si permette la scuola di dirmi come va educato mio figlio, come si permettono gli insegnanti di darti i compiti. In questo scenario, i ragazzi spariscono. Nessuno è più in grado di prendersi la responsabilità di quello che fa perché tutto è visto come sopruso e abuso, e se tutto diventa di una gravità insopportabile, niente lo è, nemmeno accoltellare la propria insegnante».
L’accenno all’allenatore ci rimanda a un’altra notizia di cronaca da Seregno (Monza), raccontata da Sonia Ronconi sul “Quotidiano nazionale”: «Follia alla partita dei baby calciatori. Pestato da un papà davanti ai bimbi. Dirigente perde un rene». Si giocava in oratorio, calciatori di 8 anni. Solito furibondo litigio tra genitori, un dirigente cerca di fare da paciere e gli arriva una violenta pedata alle spalle. Sul “Corriere”. Federico Berni raccoglie le parole di don Samuele Marelli, responsabile della pastorale giovanile: «Come educatori in oratorio dovremmo rivolgerci ai più piccoli, e invece siamo costretti a pensare ai genitori». Hanno ragione quei dirigenti che denunciano: il primo problema? I genitori agli allenamenti e alle partite.
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