Quanta eco delle cronache contemporanee c’è in questo romanzo che parla di lavoro nero, sfruttamento, indifferenza ma anche di coraggio, onestà e solidarietà. Oltre che di adolescenza. Siamo in una cittadina di provincia del nord, zona di produzione dei meloni. Qui il Popolo del Fiume arriva ogni anno allo scoccare dell’estate, quando i meloni sono maturi. Attraversano il paese come anime silenziose e si accampano all’Argine Grande del fiume per tutto il periodo della raccolta: sono africani, braccianti, per pochi spiccioli al giorno lavorano senza tregua sotto un sole che spacca le pietre, reclutati e trattati come bestie da caporali locali senza scrupoli. Eppure la gente li mal sopporta, vorrebbe che tornassero a casa loro, perché lì vengono a rubare il lavoro agli italiani, danno fastidio alle donne e magari spacciano pure.
Da questo paese senza qualità, indifferente e intollerante, la tredicenne ribelle e anticonformista Jo non vede l’ora di andarsene. Il liceo l’anno dopo le consentirà la fuga, ma per ora deve concentrarsi sull’esame di terza media e ancor di più sulla recita di fine anno, l’Antigone di Sofocle. Della tragedia greca la parte della protagonista, ne è certa, toccherà a lei. Ma proprio in questa estate sprofondata nella noia, un evento tragico porta a galla una delle piaghe più vergognose che ancora resistono nel nostro Paese, il business del lavoro nero dei braccianti. Per Jo scoprire la rete di disumanità che lega gli abitanti del paese è un colpo al cuore. Eppure per lei questa sarà l’estate della crescita, delle scelte dettate dalla coscienza, dal rispetto e dall’umanità. Ma anche il tempo per ritrovare l’autenticità degli amici e dei familiari. Ancora una volta con questo Antigone sta nell’ultimo banco (Giunti; 14 euro) Francesco D’Adamo – autore di grandi successi da “Storia di Iqbal” a “Oh, Freedom!” a “Oh, Harriet!” - torna a costruire un romanzo che con il linguaggio della semplicità e della verità entra nelle cronache del presente. Per lo scrittore è un impegno civile costante: la letteratura deve raccontare ai ragazzi il mondo in cui vivono. Lavoro nero, sfruttamento, violenze, nuove schiavitù ci interrogano ed esigono che si scelga da che parte stare. Attraverso la voce di Jo passa l’idea che non si può stare al gioco dei qualunquisti e dei violenti, di chi mente sapendo di mentire e che “prima o poi viene il momento in cui bisogna trovare il coraggio di parlare e di dire No, io non ci sto. Il coraggio di Antigone. E, perché no, anche quello di Ismene. Imperdibile. Dai 13 anni
Oggi nessuno affronterebbe un lungo viaggio senza consultare una carta geografica, collegarsi a Google Maps o inserire un navigatore. Ma quando questi strumenti non c’erano? Come facevano gli uomini e le donne che vivevano in quel mondo senza mappe a immaginare le terre che c’erano oltre quelle che conoscevano? Le paure di inoltrarsi verso lande sconosciute, di andare a scoprire i segreti dell’ignoto saranno state grandi ma il desiderio di conoscenza e lo spirito d’avventura hanno prevalso. Questo Atlante dei grandi Esploratori. Nove uomini e due donne alla scoperta del mondo pubblicato dall’editore Donzelli (25 euro) è un volume spettacolare e solo all’apparenza impegnativo. Attraverso le imprese di undici esploratori, in un arco di tempo che va dal 300 a.C. alle soglie del Novecento, Isabel Minhós Martins, autrice portoghese, racconta tutte le motivazioni che hanno accompagnato viaggiatori di ogni tempo e contribuito così a svelare porzioni sempre più grandi di mondo.
Questioni di sopravvivenza, certo, ma anche nuovi mercati da cercare, terre da conquistare. E poi c’è stato il piacere dell’avventura, la voglia di incontrare altre culture, la passione di esplorare l’ignoto. Animati da curiosità e spirito iniziativa, tutti sono stati capaci di azzardare scelte inconsuete e di rischiare. Ha rischiato grosso il greco Pitea, partito da Marsiglia trecento anni prima di Cristo e riuscito ad attraversare lo stretto di Gibilterra, le invalicabili Colonne d’Ercole, e raggiungere il nord della Scozia e il Baltico. Ha rischiato grosso anche Bartolomeu Dias che, partito da Lisbona nel 1487, doppiò il temutissimo Capo di Buona Speranza, dimostrando che il mondo non finiva a sud dell’Africa. E come non riconoscere il sangue freddo di Jeanne Baret? Nel Settecento, travestita da ragazzo – perché alle donne era proibito viaggiare in nave - fu la prima donna a fare il giro del mondo. Non è inutile dire che le tavole a colori e le numerose illustrazioni al tratto di Bernardo P. arricchiscono di emozioni il testo. Dai 13 anni
Subdolo, falso, ingannatore. Rieccolo il lupo tornare nei panni dell’affamato terrore delle pecore. In questa avventura scritta e illustrata dal geniale Tony Ross – autore britannico illustratore di oltre 800 libri per l’infanzia - il lupo è un ipocrita incallito. Da giovane per rimediare pranzo e cena il furbacchione si è travestito da pecora ma con gli anni quel costume si è fatto stretto e dunque ora è necessario trovare altri stratagemmi.
Con un sacchetto di carta infilato in testa, per non farsi riconoscere, il lupo si presenta sotto falso nome – Salve, sono il signor Rossi! Salve, sono il signor Bianchi! - e raggiunge lo scopo. Perché gli agnellini e le pecore sono più ingenui che mai. La giustizia però, come bello che sia, farà il suo corso, senza che vittime designate muovano una zampa. Impossibile dire altro sul finale del racconto. Il titolo dell’albo è un bell’indizio: Che tonto, signor Lupo! un albo targato Gallucci (13 euro) che divertirà i più piccoli. Dai 4 anni