Mai avrei immaginato, 500 puntate fa di questa rubrica, che sarebbe venuto un giorno in cui avrei potuto legittimamente alzare le mani dalla tastiera e lasciare che a scrivere sull'informazione e sulla comunicazione dei cristiani in Rete – sullo stile da tenere e, con parole molto chiare, su quello da non tenere – fosse il Papa, e non rivolgendosi a gruppi particolari ma in un'esortazione apostolica sulla santità. Invece questo giorno è venuto. Tra gli altri, lo hanno sottolineato specificamente Andrea Tornielli su “Vatican Insider” ( tinyurl.com/yavlwge7 ) e Vania De Luca sul sito dell'Ucsi ( tinyurl.com/y7oyqz2l ).
Sul punto, i passaggi espliciti della Gaudete et exsultate sono tre “non”. Dapprima (n. 108) veniamo ammoniti a non lasciarci stordire dal «consumo di informazione superficiale» e dalle «forme di comunicazione rapida e virtuale», rischiando che ci portino via «dalla carne sofferente dei fratelli». Poi, più a lungo (n. 115), a non partecipare «a reti di violenza verbale mediante internet e i diversi ambiti o spazi di interscambio digitale», e a ricordare che la condizione di «media cattolici» non esime dall'«eccedere i limiti» e tollerare «la diffamazione e la calunnia». Infine (n. 167) a non sovraesporsi allo «zapping costante» che viene dalla possibilità di «navigare su due o tre schermi simultaneamente e interagire nello stesso tempo in diversi scenari virtuali», metafora del ventaglio di possibilità che la vita attuale offre al necessario discernimento.
Quanto ai «sic», non è difficile andarli a dedurre. A me suonano specialmente familiari due riferimenti trasversali all'intero documento: quello alla mitezza (molti anni fa immaginai che una giovane suora si gettasse in Rete assumendo come nickname la beatitudine evangelica, e come missione quella di pacificare i blog cattolici più infuocati) e quello alla santità «della porta accanto», giacché di quel «popolo di Dio paziente» che Francesco tratteggia (nn. 7-9) continuo a incontrare, in Rete, tanti membri.
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