Più chiarezza. Il traguardo di una corretta e limpida informazione alimentare non è ancora stato totalmente raggiunto, ma da pochi giorni un altro passo è stato compiuto. Il governo, infatti, ha dato il via libera al decreto che rende obbligatoria l'indicazione dell'origine delle carni suine nei prodotti trasformati come prosciutti e salumi. Conquista importante, visto che, come denunciato ancora una volta dai coltivatori diretti, «3 prosciutti su 4 venduti in Italia sono in realtà ottenuti da carni straniere».
In tema di etichette alimentari, è necessario dire subito chiaramente una cosa: nulla vi è di male a produrre un alimento con materie prime provenienti dall'estero (sempre che siano rispettate le regole di igiene e sicurezza). Occorre semplicemente onestà e chiarezza. Dichiarare la provenienza degli ingredienti di un alimento è questione di correttezza verso tutti e prima di tutto verso i consumatori. E, quindi, proporre come «italiano» qualcosa che italiano non è, corrisponde ad una frode che va perseguita. D'altra parte, nessun consumatore è obbligato ad acquistare alimenti prodotti solo con materie prime nazionali; deve però essere messo in condizioni di scegliere consapevolmente. L'applicazione di questi principi, tutto sommato semplici, ha incontrato e sta incontrando notevoli difficoltà. Scimmiottare la bontà alimentare italiana, fa gola a tutti. Da qui, quindi, le tante battaglie intraprese. Cammino lungo, quello dell'etichettatura chiara degli alimenti, che, appunto, da pochi giorni ha raggiunto un altro traguardo. Mancano ancora comunque all'appello le etichette di alimenti importanti come le carni trasformate, i succhi di frutta e le marmellate, i fagioli, le verdure cosiddette di quarta gamma e la frutta e verdura essiccata. I produttori di prosciutti e salumi devono adesso indicare in maniera leggibile sulle etichette le seguenti informazioni: paese di nascita degli animali, paese di allevamento e di macellazione degli stessi. La dicitura «100% italiano», spiega una nota del governo, è utilizzabile solamente in alcuni precisi casi. Plaudono, naturalmente, i produttori agricoli. Coldiretti, in una nota, parla di una «novità importante per garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno qualche volte a settimana portano in tavola salumi».
Non si tratta, tra l'altro, di garantire chiarezza d'informazione e scelta, ma anche di dare una mano a 5mila allevamenti nazionali di maiali e ad un settore che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi.
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