Senza la pressione diretta della competizione elettorale – per il Campidoglio si è già votato lo scorso anno – di Roma Capitale si sta discutendo in Parlamento proprio in queste settimane. Sul tavolo c'è una legge di revisione costituzionale che punta a rafforzarne l'autonomia amministrativa e finanziaria, ma soprattutto ad attribuirle poteri legislativi analoghi a quelli delle Regioni. Non una nuova Regione in senso specifico, ma un'entità istituzionale che per certi versi le assomiglia. A livello comparato non sarebbe una novità. Senza dover andare oltreoceano per citare il Washington D.C., il distretto federale che coincide con la capitale degli Usa, in Europa ci sono esempi significativi. Berlino, Vienna, Bruxelles e Madrid sono Land, Région o Comunidad, e hanno funzioni legislative. Un dossier del servizio studi della Camera sottolinea un aspetto solo apparentemente paradossale: il ruolo della città capitale è "costituzionalizzato", cioè fissato nelle rispettive carte fondamentali, proprio negli Stati federali o a regionalismo avanzato. Non nella centralista Francia, per dire. Autonomie territoriali forti e una capitale autonoma e forte sono due princìpi costruttivi che si richiamano e si sostengono a vicenda, anche sul piano simbolico oltre che giuridico. Non è un caso che l'attuale art.114 della Costituzione (riscritto dalla pur controversa riforma del 2001) tenga insieme una visione policentrica della Repubblica – di cui lo Stato è uno degli elementi costitutivi insieme a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni – e l'esplicita dichiarazione che «Roma è la capitale della Repubblica» e «la legge dello Stato disciplina il suo ordinamento». Questa normativa ordinamentale è contenuta nella legge 42 del 2009 e in due connessi decreti legislativi, che hanno configurato il nuovo ente territoriale denominato Roma Capitale in luogo del preesistente Comune. Ma la legge costituzionale in discussione, in cui sono confluite le proposte di diversi gruppi, si colloca in una prospettiva ulteriore. I due relatori, Stefano Ceccanti (Pd) e Annagrazia Calabria (Fi), hanno recentemente presentato due emendamenti al testo base e la prossima settimana se ne discuterà in Commissione per preparare l'approdo in Aula, previsto per il 20 giugno. Il nuovo terzo comma dell'art.114 della Carta, così come risulta combinando il testo base e gli emendamenti dei relatori, rafforza il quadro esistente (vengono riconosciute «forme e condizioni particolari di autonomia normativa, amministrativa e finanziaria») e soprattutto afferma che «Roma Capitale dispone di poteri legislativi» nelle stesse materie in cui li hanno le Regioni, «esclusa la tutela della salute» e sulla base di uno «statuto speciale» approvato a maggioranza di due terzi dall'Assemblea capitolina. Un'esclusione molto rilevante, quella della tutela della salute, ma motivata dall'intento di evitare un'eccessiva frammentazione del sistema sanitario e di non penalizzare in modo irragionevole il ruolo della Regione Lazio. Le norme di attuazione della legge costituzionale saranno definite con legge dello Stato, sentiti gli enti interessati. L'iter della riforma è ancora lungo e i tempi sono al limite, ma se ci fossero la volontà politica e un accordo ampio tra i partiti il traguardo finale potrebbe essere raggiunto anche in quest'ultimo scorcio di legislatura.
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