Nel film Luci della città, il personaggio della fioraia non vedente agisce come un fermo immagine: è pausa di quiete e momento di verità nel caos metropolitano rutilante e ininterrotto tutt’intorno. Se Charlie Chaplin se ne innamora, è perché la donna gli indica uno scambio reale, vero contatto e incontro in un contesto umano invece frenetico, reso pazzo da prossemiche dissennate. Il sorriso di lei, sebbene non veda è pieno di fiducia, determinato a sperare, irresistibile sorriso per come porta impressa sulle labbra l’innocenza. Adorato dai massimi registi del mondo, il film fu a lungo ossessione di Chaplin (da solo ne scrisse soggetto e sceneggiatura). Le luci della città sfavillano di inganni e illusioni, vorticano, svelano truffe, lotte, assurdità, nel mentre un bagliore di forza gioiosa continua a brillare negli occhi bui per la vista assente (poi recuperata) della donna (Virginia Cherrill). Poi cessano i contrasti e tutto è guardare. Quando infine la ritrova, ancora che vende fiori ma adesso vede, e deve a lui se ha nuovi occhi ma non lo sa, quello con cui Chaplin risponde al suo è lo sguardo di uomo innamorato tra i più belli della storia del cinema. Lei, come lo vedesse già ancor prima di vedere; per come amore è riconoscersi, vedere l’anima molto prima delle fattezze.
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