Risuona il Te Deum di Teixeira solenne inno di ringraziamento
domenica 29 dicembre 2002
Il Te Deum intonato durante la messa vespertina dell'ultimo giorno dell'anno si impone come un momento di grande solennità e trepida emozione, occasione di riflessioni e bilanci, riconferme e nuovi propositi. Inno di ringraziamento e di festosa celebrazione per eccellenza, vanta un gran numero di trasposizioni musicali, dissimili tra loro per spirito e ispirazione, comprese tra lo sfavillante vigore del celeberrimo lavoro di Charpentier (sigla dei collegamenti in Eurovisione) e la più raccolta riflessione della versione di Verdi, passando per l'arcobaleno di differenti soluzioni offerte dalle opere di Händel, Haydn, Berlioz, Bruckner e molti altri. Il grandioso Te Deum scritto da Antonio Teixeira (1707-c.1759) ed eseguito per la prima volta nella Chiesa Italiana di Lisbona (Igreja do Loreto) il 31 dicembre 1734 ci introduce nel clima culturale e spirituale che animava la vita artistica durante il regno di Joao V del Portogallo. Si tratta di un lavoro di monumentali proporzioni, per un organico che prevede otto cantanti solisti, cinque cori a quattro parti e un'orchestra composta da flauti, oboi, corni, fagotto, archi e organo; opera di rara esecuzione, si trova oggi al centro di un'incisione discografica realizzata dal gruppo vocale dei Sixteen e da quello strumentale dei Symphony of Harmony and Invention guidati da Harry Christophers (cd pubblicato dall'etichetta inglese Coro e distribuito da Jupiter). Il Te Deum di Teixeira si impone da subito per la sua freschezza compositiva, continuamente rivitalizzata dal riferimento a un ampio ventaglio di stili; centellinando con sapiente inventiva i suoi colpi ad effetto e sviluppando con gusto quasi teatrale l'articolazione del testo sacro, l'autore si affida via via a soluzioni contrappuntistiche, sezioni policorali, fantasiosi recitativi che preludono ad assoli di intenso colore operistico. Scegliendo di alternare le ampie strofe musicali di Teixeira e l'intonazione dei versetti in canto gregoriano, Christophers sublima ancor più il carattere solenne della composizione, raggiungendo vette di plastica armonia nella virtuosistica aria per soprano "Patrem immensae maiestatis" e negli ultimi due numeri della partitura, dove un elegante episodio concertato viene travolto da un inarrestabile crescendo, per poi trovare piena risoluzione nella fiduciosa invocazione finale: "In te, Domine, speravi".
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