Taglio netto nella produzione di riso italiano. E taglio netto anche per il prodotto interno lordo derivante dal complesso della produzione agricola nazionale. Effetto-clima, verrebbe da dire, ma non solo. A pesare, ancora una volta, è la struttura dei costi della filiera agricola, oltre che indubbie difficoltà sul fronte della logistica. La concomitanza di eventi climatici avversi e del boom dei prezzi delle materie prime, sta così dimostrando ancora una volta la fragilità del comparto agricolo e agroalimentare: capace di stupire il mondo con la sua qualità, ma incapace di contrastare davvero una grandinata oppure il rincaro dei carburanti.
Guardando al dettaglio, l'esempio più chiaro di questi giorni arriva dal riso. Stando ad un “primo bilancio” effettuato dai coltivatori diretti, quest'anno la produzione italiana di riso dovrebbe subire un taglio tra il 20 e il 25%. Qui colpa del clima avverso, decisamente. Ma l'effetto è ampliato dai rincari nei prezzi dei carburanti e mezzi tecnici. Così, uno dei comparti più ricchi e importanti dell'agroalimentare dello Stivale, in poco tempo deve fare i conti con un vero capovolgimento della situazione economica e delle sue prospettive. Senza dire del prossimo futuro che potrebbe esporre il settore all'arrivo di navi cargo di riso asiatico per effetto del termine dell'efficacia di una decisione europea sul livello dei dazi. Alcuni parlano già di una attesa «vera e propria invasione di prodotto asiatico a basso costo e scarsa qualità se non si troveranno soluzioni atte a riconfermare la clausola di salvaguardia o per includere il riso nell'elenco dei prodotti assoggettati a dazio».
Le difficoltà del riso non sono comunque le uniche che gli agricoltori devono affrontare. Anche se le cause sono le stesse. La sintesi del problema è fornita dal Pil. «In controtendenza rispetto all'andamento generale, il valore aggiunto cala solo in agricoltura per effetto del boom dei costi di produzione, dai carburanti ai fertilizzanti, dalle macchine agli imballaggi fino ai mangimi per alimentare il bestiame», ha fatto notare Coldiretti ragionando sui dati del terzo trimestre del 2021 e dell'inflazione ad ottobre. Per capire di più, basta sapere che l'aumento dei soli costi dell'energia sta pesando, ad esempio, con aumenti fino al 50% per il gasolio necessario per le attività che comprendono l'estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione delle coltivazioni. L'aumento dei costi energetici, poi, riguarda anche il riscaldamento delle serre per fiori e ortaggi, così come l'essiccazione dei foraggi. Effetti simili si riscontrano anche sugli imballaggi, sulle etichette, sui vasetti di vetro.
Serve – dicono i coltivatori – responsabilità dell'intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare aziende agricole e stalle. E, a ben vedere, è proprio la questione dell'equa ripartizione di valore il vero nodo da affrontare e da sciogliere.
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