Dove starebbe, che cosa farebbe, che cosa scriverebbe oggi Pier Paolo Pasolini? Risposta ovvia: lui starebbe dove non sta nessun altro, probabilmente. A cent'anni dalla nascita, i quotidiani lo ricordano soprattutto mettendo in campo chi ha appena pubblicato un libro su di lui. “Repubblica” e “Stampa” (5/3) con Massimo Recalcati, “Corriere della Sera” (6/3) e “Stampa” (6/3) con Dacia Maraini. Chi indaga nella psiche, chi tra gli amici. Per Recalcati, intervistato da Mirella Serri, la chiave sta nel “Mistero dell'origine”, titolo del suo libro: «Esiste un'inclinazione profonda di Pasolini, uomo e intellettuale, verso l'Origine: la civiltà contadina, il popolo che precede la violenza dell'industrializzazione, il dialetto, il corpo incorrotto, le sue “buie viscere”, la natura, il senso religioso e mitologico dell'esistenza, l'amore esclusivo per la propria madre». Almeno due, sul “Corriere” (4/3) e sul “Giornale” (5/3), sono gli inviti a scoprire Casa Colussi Pasolini a Casarsa, magari alla scoperta dei quadri.
Anche il “Giornale” ha il suo libro da proporre. È di Alessandro Gnocchi, che si dice sicuro di una cosa: «Di fronte a Petrolio (l'ultimo romanzo appena riedito, ndr), viene inevitabile chiedersi che cosa sarebbe diventato Pasolini se non lo avessero ammazzato nel 1975. Era a un passo da un grande cambiamento. Sensibile come pochi ai mutamenti sociali, aveva intuito l'arrivo di una forma perfetta di regime costruito con l'assenso di uomini ridotti a consumatori. Peggio del fascismo: il nuovo regime avrebbe colonizzato anche i desideri e le fantasie, luoghi inaccessibili alle camicie nere». Lo ricordano tutti, dal “Manifesto” (4/3) al “Sole 24 ore” della domenica (27/2). Fino al ritratto di Paolo Di Stefano (“Corriere”, 5/3) con un titolo ossimoro, sintesi impeccabile: «Il solitario rumoroso»: Pasolini era «circondato da una sacco di persone, rimanendo essenzialmente un solitario». Una splendida ala, sul campo di calcio e nella vita.
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