Che emozione, per chi ha conosciuto Rodolfo Quadrelli, trovarsi in mano Tutte le poesie (1960–1984) di questa voce fuori dal coro della cultura ufficiale (Effigie, pagine 204, euro 18). Me lo presentò Elémire Zolla che avevo invitato a tenere una conferenza a Milano: «Prenda contatto con due giovani che abitano qui a Milano», mi disse l'autore di Eclissi dell'intellettuale, «sono apprezzati anche da Del Noce». E così conobbi Rodolfo Quadrelli e Quirino Principe, i dotatissimi dioscuri della tradizione (e non solo) che nel 1970 iniziarono a collaborare a “Studi cattolici”. Di Rodolfo (1939–1984) diventai amico, di Quirino lo sono unilateralmente ancora. Quadrelli era un uomo profondamente buono, insegnava italiano e latino al liceo Berchet, si riteneva emarginato dai «Potenti della letteratura», per dirla col titolo del volume a cui collaborò con Armando Plebe, Quirino Principe e Sergio Quinzio (1970), e tuttavia pubblicava con Vallecchi, Rizzoli, Guanda, Rusconi. Profondo conoscitore di Ezra Pound, ne tradusse l'ABC del leggere, testo che dovrebbe essere obbligatorio nei licei e nelle facoltà di Lettere, e anche il poemetto Mauberley; su “Studi cattolici”, il suo saggio Felicità e tragedia di Ezra Pound (1972) è una pietra miliare. Una volta, in redazione, discutemmo a lungo pro e contro l'automobile (Rodolfo stava elaborando il testo per il volume Il rombo del motore, con interventi di Rosario Assunto, Guido Ceronetti e altri). A un certo punto, guardò l'orologio e disse: «Scusa, devo andare perché ho lezione di scuola guida». Replicai: «Ma sei un bel tipo! Io, che non ho la patente e non ne ho mai sentito il bisogno, difendo l'automobile; tu, che la detesti, vai a scuola guida». Il suo candore gli consentiva queste discrasie. Quadrelli poeta mi lasciava perplesso, nonostante che Geno Pampaloni avesse definito i suoi Apologhi e filastrocche (1972) «le rime petrose del nostro tempo». Nel 1988 avevo invece scritto che «Quadrelli poeta si aggrappava alla rima come il trapezista che ritorna al predellino fisso dopo essere stato costretto da uno smarrimento ad abbreviare il suo numero». Adesso, rileggendo l'opera omnia, quel giudizio mi appare ingeneroso, anche perché, nel frattempo, la forma chiusa è stata valorizzata soprattutto da Patrizia Valduga e Giovanni Raboni. Fiorenza Lipparini, curatrice di Tutte le poesie, nella Premessa riporta una citazione di Eliot, altro nume di Quadrelli: «Il poeta è, prima di tutto, un tramite attraverso il quale la tradizione potrà continuare a perpetuarsi». Quadrellianamente perfetto. E spiega l'importanza dell'ironia nella poesia di Quadrelli con queste parole dell'autore: «L'itinerario della mente verso Dio consiste nell'ironia di due movimenti contemporanei e come opposti, uno verso la morte e l'altro verso la vita, uno verso la fine e l'altro verso l'origine, perché dal distacco progressivo dagli affetti mortali s'accresca proprio l'immortalità dell'anima».
Chi leggerà Tutte le poesie di Rodolfo Quadrelli scoprirà un poeta perentorio e indipendente, che io stesso ho riscoperto.
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