Su Real Time (canale 31 del digitale terrestre) continuano ad andare in onda gli episodi di Vite al limite a cui il sabato alle 21,30 si sono aggiunti quelli del cosiddetto spin-off (derivazione) Vite al limite: e poi con lo scopo di aggiornare i telespettatori sulla perdita di peso e sulla eventuale rimozione della pelle in eccesso delle persone protagoniste del programma originario, che poi non è altro che la versione doppiata del docu-reality statunitense My 600-lb Life, che racconta, da ben nove stagioni, le storie di pazienti affetti da una grave obesità e non più in grado di vivere una vita normale tanto da rischiare di morire se non riusciranno a dimagrire attraverso una dieta ferrea e l'ausilio di un bypass gastrico eseguito dal chirurgo di origine iraniana Younan Nowzaradan, che opera a Huston ed è padre di uno dei produttori del programma. Si parla di persone che superano i 250 chili fino ad avvicinarsi in qualche caso ai 400. In questo senso Vite al limite produce un effetto choc mostrando uomini e donne totalmente deformati nel fisico per cui è lecito chiedersi, come sempre in questi casi, cosa li spinga a mostrarsi così, senza pudore, accettando di convivere con le telecamere per molti mesi. Da una parte c'è senz'altro la sfida con se stessi, il mettersi in gioco pubblicamente per vedere di riuscire nell'intento. Dall'altra, più prosaicamente, c'è la questione economica visto che negli Stati Uniti la sanità è a pagamento e interventi come quello per la riduzione dell'intestino sono sicuramente costosi. Al di là di questo c'è comunque una storia da raccontare, il più delle volte frutto di un'infanzia difficile. C'è uno sviluppo psicologico dei protagonisti, che in alcuni casi volge al positivo con il dimagrimento e altri al negativo con l'insuccesso nella dieta. Vite al limite: e poi…, come accennato, serve proprio a dar conto di questo, nel bene e nel male.
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