Dopo la parziale sostituzione domenicale di Fabio Fazio con Serena Bortone, ecco da domenica scorsa su Rai3 il sostituto della parte più importante della serata, il prime time, ovvero Sigfrido Ranucci, che con il suo Report è stato tirato indietro di un giorno. A parte questo, nulla è cambiato nell’impostazione del programma d’inchieste più aggressivo della Rai. Lo seguiamo spesso perché oggetto di polemiche, ma anche perché, pur a tratti ideologizzato e non sempre a segno sui bersagli giusti, è capace di proporre inchieste senza guardare in faccia nessuno. Può quindi succedere che prenda di mira il presidente del Senato oltre a tornare sulla ministra Santanché, anzi: sono proprio i legami tra la titolare del turismo e il paese d’origine di Ignazio La Russa, Paternò, a dare il la all’inchiesta clou della serata: «La Russa dinasty», di Giorgio Mottola, che racconta come la cittadina alle pendici dell’Etna, grazie ai La Russa, si sia aggiudicata il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, un parlamentare e un consigliere del Csm. Ma non solo: a Paternò sono stati creati, con il coinvolgimento del cognato dei La Russa, dei call center a servizio della Regione Lombardia di cui è assessore Romano, il fratello di Ignazio. L’inchiesta parte comunque da lontano, dall’operato del padre Antonino, ipotizzando collegamenti con loschi personaggi della finanza e persino della malavita organizzata per arrivare ad attuali società con soci poco raccomandabili. Da un punto di vista televisivo, Ignazio La Russa, che ha annunciato querele, fa l’errore di rispondere alle domande di Report con un video autoprodotto evitando il contraddittorio, mentre il fratello Romano fa ancora peggio denigrando il giornalista che tenta di intervistarlo. In tv certi atteggiamenti, se non sono ammissione di colpa, sono quantomeno dimostrazione di coscienza non del tutto pulita.
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