Non sono esattamente storie comuni di preti quelle che il sabato in seconda serata (visibili anche su RaiPlay) ci racconta Rai 3 attraverso Chi credete che io sia?. Già la sigla la dice lunga proponendoci un giovane sacerdote vestito vecchio stile con cappello e fusciacca in contesti anomali: in mezzo all'acqua del mare, su una passerella ferroviaria, appoggiato a una limousine o mentre gioca a calcio con la tonaca. Dopo di che ti compare di fronte padre Paul Iorio, 68 anni, italoamericano, un trascorso da hippie tra fumo e allucinogeni, sperimentatore teatrale, barbone e infine francescano. Una vita spesa tra le strade di New York, Roma, Assisi, Washington e le fogne di Bucarest fino a fare il parroco in provincia di Frosinone. Oppure don Giuseppe Mangano, 73 anni, prete da appena due, un figlio e un lungo matrimonio alle spalle, segnato dal dolore della lunga malattia della moglie, accompagnata fino alla morte. E ancora padre Massimo Granieri, 46 anni, passionista, che ha incontrato Dio in una canzone di Patti Smith. Un'adolescenza turbolenta, fatta di alcol e risse, musica punk, il calcio e la strada. E la passione per la radio che continua. Quando nel 1998 entra in seminario appende sul letto il poster di Jimi Hendrix accanto al Crocifisso. E ce l'ha ancora. «Ad accompagnare il mio funerale – dice - voglio che sia Heroes di David Bowie». Alla fine il prete più “normale” sembra essere don Gaetano Greco, 73 anni, diventato sacerdote a 24 anni, ora cappellano del carcere minorile a Roma, se non fosse per quel ragazzo trovato impiccato e per il rimpianto di un ascolto mancato che forse avrebbe cambiato le cose. È un viaggio interessante, senza fronzoli, quello proposto dal programma di Carla Mellidi, Gregorio Paolini, Pietro Raschillà e Daniela Attilini con la regia di Christian Letruria. Un viaggio fra uomini di Dio del nostro tempo, due per ogni puntata, che condividono la quotidianità con altri uomini, ma soprattutto che si confrontano con loro stessi, con le paure, i dubbi, i rimpianti, il dolore e, ovviamente con la fede che, come dice padre Paul, è l'opposto della paura. Un racconto diretto, in prima persona, senza intermediazione e per questo ancora più efficace.
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