Un articolo di Damien Fabre, comparso il 6 giugno scorso sul sito del quotidiano francese "La Croix" ( bit.ly/3N7K7Tz ), descrive un fenomeno recente su TikTok: la pubblicazione di video in cui giovani e giovanissime si professano cristiane, si riprendono indossando un velo e spiegano perché hanno iniziato a portarlo, a messa o in altri momenti di preghiera ( bit.ly/3O7Zih2 ). I numeri delle visualizzazioni premiano generosamente l'idea, che una ragazza argomenta ricorrendo addirittura alla parola di Dio (Paolo ai Corinzi: «Ogni donna che prega o profetizza a capo scoperto, manca di riguardo al proprio capo…» ), un'altra con il cammino di catecumenato che ha appena avviato e con le tradizioni della Chiesa spagnola da cui proviene, un'altra ancora come forma d'imitazione della Madonna; nessuna, chi più chi meno esplicitamente, pare sfuggire al fascino esercitato da questo segno d'identità, pur accompagnato a quelli "laici" che conosciamo: piercing, tatuaggi, capelli colorati o trucco vistoso. C'è anche, nell'articolo di "La Croix", un tentativo di interpretazione, necessariamente provvisorio, vista l'ancora breve vita di questa tendenza. Vi si intravede una domanda di pratiche di fede più rigoriste, ma filtrata attraverso riferimenti interconfessionali (dal protestantesimo storico, a quello pentecostale, all'ortodossia) e interreligiosi (dall'islam, ovviamente, al buddhismo), ipotizzando che la nuova tendenza rappresenti l'ulteriore prova del contributo che la Rete offre a una religiosità "fai-da-te". Una modalità dalla quale sono certamente esenti altre sette donne velate comparse in Rete in questi giorni: sono le suore del convento di San Tommaso d'Aquino in Florida e hanno ottenuto su Twitter 50mila visualizzazioni ( bit.ly/3OiQULg ) con una suggestiva esecuzione, a cappella, del "Veni Creator Spiritus".
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