Siamo attraversati, Signore, da sentimenti contraddittori riguardo a questo 2020. È vero che il mondo non aveva memoria di un anno così, anno impraticabile, metallico, fradicio di afflizione, cucito da un lungo filo di abbandono. Un anno che abbiamo la tentazione di interpretare più come un intruso che come un ospite. Un anno che ci ha imposto una maschera sul viso, ma ne ha fatte cadere tante altre che nemmeno sapevamo essere maschere: le false sicurezze, il mito del progresso infallibile, l'idea di essere al riparo dalle grandi tempeste. Ci siamo scoperti vulnerabili ed esposti a rischi che non erano sotto nostro controllo. Ci siamo scoperti impreparati al passaggio del tempo, più aspro che d'abitudine. La bufera che si è abbattuta ha imposto bruschi limiti ai luoghi e alle espressioni della vita. E abbiamo tutti di nuovo imparato a sillabare, più e più volte, parole come incertezza, fragilità, solitudine, paura.
Ma il 2020 non è stato unicamente questo. Quanti gesti l'amore ha moltiplicato! Quanta dedizione è venuta a contrastare la rimozione della speranza. Quanta fraternità e servizio hanno illuminato gli sfocati contorni del presente. Nel mezzo delle privazioni, quanti doni si sono dati appuntamento. Nella severità, quante storie di dolcezza restano ancora da raccontare. Nella sconvolgente ora della prova, Signore, quante volte, pregando, sentiamo di stare tra le tue ali.
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