Fino all'ultimo ha tenuto duro. Solo a fine campagna e a denti stretti, sollecitato a uscire dall'ambiguità da una lettera aperta (prima firmataria Sylviane Agancinski), il neopresidente francese Emmanuel Macron si è espresso con chiarezza sul tema dell'utero in affitto dichiarandosi contrario a ogni ipotesi di legalizzazione, anche se a favore del riconoscimento di uno «statuto giuridico per i bambini francesi nati all'estero da Gpa».
Riconoscimento che nei fatti, come hanno sottolineato le militanti francesi, incoraggerebbe «lo sviluppo di un turismo procreativo che oggi assume una dimensione neocoloniale». Bon. Staremo a vedere.
Nel perfetto stile dei politici che in campagna elettorale - e anche dopo - tendono a scansare la rogna dei temi eticamente sensibili «divisivi», sulla Gpa Macron ha cincischiato finché ha potuto, mentre i suoi competitor Le Pen, Mélenchon, Fillon e Hamon si sono dichiarati da subito «a favore delle iniziative internazionali per l'abolizione».
In vista delle prossime elezioni politiche, l'idea di un questionario sull'utero in affitto da sottoporre ai leader di partito sarebbe senz'altro da riprendere anche in Italia.
Il fatto di impegnarsi pro o contro la legalizzazione dell'orribile pratica la dice lunga, più di qualsivoglia altro punto di programma, sugli orizzonti e sull'idea di mondo per i quali si assume l'impegno.
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