Figli. Figli adottati, grati ai loro genitori, ma con un «bisogno atavico, profondo, umano di risalire all'origine dei rapporti biologici», scrive Claudia Osmetti su “Libero” (10/6) raccontando la storia di Maria Laura Lombardo, genovese di 24 anni, in cerca della madre che volle partorirla a 15 anni, rifiutando l'aborto, senza poterla tenere con sé. «In Italia ci sono circa 400mila persone che non sono state riconosciute alla nascita, un numero che cresce di anno in anno». Dal 2013 è possibile per loro accedere alle informazioni che le riguardano. Figli di genitori ignoti e un figlio di genitore notissimo. Alessandra Arachi (“Corriere”, 10/6) intervista il sessantenne Cristiano De André. Domanda finale: «Qual è il riconoscimento importante che ha avuto nella sua carriera?». Risposta: «Diversi, per fortuna. Ma ce n'è uno che prevale su tutti. La stima di mio padre». Cristiano De André è stato un figlio ben visibile, non solo agli occhi del padre. Poi ci sono altri figli, figli dell'Italia, figli “nostri” in quanto italiani, che sono invisibili. Dopo Torino, prosegue sulla “Stampa” l'inchiesta sugli immigrati di seconda generazione che poi, in realtà, è un viaggio nelle banlieue italiane, nelle periferie brutte, spesso sporche e a volte cattive. Flavia Amabile (9/6) scrive degli invisibili della capitale: «Roma. Ragazzi senza rete». Roma, dove «la divisione tra immigrati e italiani è meno evidente». Roma, dove il portavoce dei presidi afferma: «Qui le baby gang sono formate quasi tutte da italiani». Il viaggio della “Stampa” prosegue con Monica Serra a Milano (10/6), quartiere Gratosoglio, titolo: «Gli invisibili». Qui «anche chi ha la cittadinanza italiana si sente straniero». Parla Yassmin, educatrice: «Quando da piccola tornavo in Egitto tutti mi chiamavano straniera, qui ero l'egiziana. Per anni mi sono chiesta chi sono».
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