II Domenica di Natale - Anno C
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
Aveva poggiato il capo sul petto di Gesù nell’ultima cena l’autore di questo brano di Vangelo: aveva sentito battere il cuore di Dio, aveva ascoltato il pulsare del sangue di Dio. Chi più di lui può allora annunciarci che quel Dio invisibile dell’Antico Testamento, quel Messia che tutti aspettavano era finalmente arrivato nel frammento di carne che, come un bacio alla terra, aveva abitato tra noi? «Venne tra i suoi» ci dice Giovanni, e andò a cena da Zaccheo, cambiò l’acqua in vino, si lasciò profumare da una prostituta, scelse amici che puzzavano di pesce, mangiò con quelli che nessuno avrebbe mai invitato a cena e morì come un brigante. Come accogliere un Dio così? Come riconoscerlo? Troppo simile a noi, troppo fatto di carne fragile, debole, quotidiana, quel Verbo dal quale ha origine la vita. Si fa fatica, si deve spiccare un salto vertiginoso, i brividi quasi ci paralizzano nel misurare le distanze: credere in un Dio così vicino da poterlo confondere con uno di noi. Eppure il salto, quello vero, lo ha fatto Lui che ha ricucito la lontananza tra cielo e terra, ha saldato il tragitto abolendo i confini, e annullando le divisioni. Salto spericolato, insensato, di un Dio innamorato della vita. E Giovanni continua parlandoci di luce, di una luce che è uguale a vita, che è vita stessa, quasi un suo sinonimo; come se ci dicesse: se sei nel buio ti basta guardare la vita, quella piccola, quotidiana vita che ti avvolge, che cresce intorno a te, a tua insaputa, nascosta, ma tanto potente che nessuna tenebra potrà mai vincerla. «Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10), ed oggi dovremmo capire che Dio è l’abbondanza di vita, lo straripare di luce che non ti aspetti, è Colui che mette le ali ai semi, che ci insegna a danzare come alberi col vento, come onde con la marea. «In Principio» , così comincia il Vangelo di Giovanni e oggi anche per noi è un principio: un nuovo anno per respirare, un nuovo anno per contare i fratelli, un nuovo anno per sedersi vicini e ascoltarci senza far rumore. Un nuovo anno per vedere la vita piena di possibilità aperte. Un nuovo anno per fare un profondo inchino fino all’origine della vita. Un nuovo anno per svegliarci dai sogni e cominciare a viverli. Un nuovo anno per condividere la gioia, che è sempre senza tempo. Un nuovo anno per amare questa vita, come la ama Dio.
(Letture: Siracide 24,1-4.12-16; Salmo 147; Efesini 1,3-6.15-18; Giovanni 1,1-18)
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