Mi è sempre sembrato un vuoto incomprensibile l'assenza di un saggio, scritto preferibilmente anzi necessariamente da una donna, sulle figure di eroine popolari più amate dalle italiane di una volta. Eroine di cui ho sentito raccontare nella mia infanzia anche da contadine analfabete o, come mia madre, semi-analfabete, ché si era dovuta fermare alla terza elementare e leggeva compitando, muovendo le labbra. Molte di loro sapevano a memoria parti della Pia de' Tolomei, ma non quella di Dante, quella di Sensini, poeta popolare toscano dell'Ottocento, e conoscevano tutte la storia di Genoveffa di Brabante (circolava in edizioni popolarissime un romanzetto ottocentesco di un tal canonico Schmid): spesso, mi pare, confusa o mescolata con quella di Ginevra degli Almieri, la leggenda (toscana) di una giovane donna che un cattivo sposo vuol far uccidere, nel bosco da un servo che le salva la vita portando come prova al marito il cuore di un cervo. Ella vive nascostamente col servo nel bosco, e ne ha un figlio, e quando la si ritrova per questioni di eredità il Papa la assolve da ogni peccato dicendo che, siccome il marito voleva ucciderla e l'ha data per morta, ella era come rinata, era un'altra donna, una donna nuova. Un'altra amatissima e proverbiale eroina, quella più amata da mia madre e dalle sue amiche fu Beatrice Cenci, una storia vera, questa, che vidi bambino anche in film, e su cui più tardi un grande regista del cinema più popolare, di cui sono stato amico e che ho aiutato a scrivere le memorie, Riccardo Freda, riprese per un film bello e sentito. Era una storia vera, e raccontata da tanti, a cominciare da Stendhal nelle sue Cronache per continuare con Shelley, con Dumas, con Guerrazzi, con Artaud, con Moravia e altri ancora. Un bellissimo ritratto di fanciulla di Guido Reni si disse rappresentare Beatrice, e non è certo, ma fu quella l'immagine che circolò per decenni, commuovendo le italiane. E Caravaggio e Artemisia Gentileschi si ricordarono di lei, quando dipinsero Giuditta che uccide Oloferne, e pare che entrambi assistessero al suo supplizio, la seconda di certo e insieme al padre anche lui gran pittore. Perché tanto amore per Beatrice Cenci? Secondo mia madre e le sue amiche perché si era ribellata alla perfidia e alla violenza (anche sessuale) di un padre ricco e potente, prendendo parte al suo omicidio e vendicando così tante che sono state (e sono ancora) vittime come lei della violenza di un padre, di un adulto… Fu decapitata nella Roma del 1599 davanti a Castel Sant'Angelo, e le sue ultime parole furono, secondo le cronache: «Signore mi chiami e io di buona voglia ti seguo, perché so di meritare la tua misericordia».
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