venerdì 11 aprile 2014
L'arrivo del premier Renzi a Vinitaly, quasi una toccata e fuga fra i padiglioni della fiera nell'ultimo giorno, è stato letto come un segnale dai molti significati, giacché era la prima volta che un premier arrivava in questa manifestazione. La sua visita, infatti, non era prevista nei programmi, ma è maturata nel corso delle prime giornate. Ossia l'esigenza di essere presente là dove c'era un segnale di positività. Il comparto del vino italiano è infatti cresciuto, soprattutto all'estero, e anche l'Italia può crescere, ha detto Renzi ad una platea di produttori e di giornalisti. C'è poi l'Expo sullo sfondo di una sfida per la crescita, che avrà appunto la regia di Vinitaly per esprimere il valore di quello che va oltre un prodotto: il vino è anche territorio, occupazione, socialità. Ora, tutto questo potrà sembrare demagogia spicciola, ma dopo aver passato quattro giorni a contatto con tanti produttori, soprattutto giovani e molti anche di quel Sud Italia che soffre, un qualcosa che è più di una speranza appare quanto mai evidente. I dibattiti, le degustazioni, i confronti sono stati molti e in tutto questo bailamme con l'impronta latina della festa, è emerso anche che la propensione dei giovani è per un'agricoltura più pulita, rispettosa dell'ambiente e quindi pure della salute di chi lavora e di chi consuma. Se questa strategia fosse stata studiata a tavolino non sarebbe riuscita così bene, invece fa parte di un processo spontaneo che risponde alla legge mai scritta della ciclicità degli eventi, che si ripropongono a distanza di tempo. E se oggi in agricoltura si produce come facevano i nonni di quella che è la nuova generazione di produttori, nella ristorazione sta accadendo la tendenza a ricreare luoghi meno paludati, dove addirittura non serve la prenotazione per sedersi a un tavolo. E si può mangiare anche un solo piatto, come nelle osterie di un tempo. A Milano, sui Navigli, che è una delle zone più belle della città dove si sta animando il fuorisalone del Mobile e si animerà anche quello dell'Expo, ha fatto capolino un negozio che vende vino sfuso. Ed è sempre pieno di curiosi. Cos'è allora questa ciclicità? È il ritorno all'essenziale, che non vuol dire impoverirsi, ma perequare le situazioni perché tutto ciò che di buono produciamo e consumiamo possa esistere. Nei desiderata del Governo in carica c'è un po' di questo, non ci sono dubbi. E quando si rompe un ciclo tutto accade perché doveva accadere, senza proteste eclatanti, senza troppe resistenze. E non sembra vero.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI