Con dispetto di qualche malpensante digitale ha avuto molto risalto, in Rete, il gesto senza precedenti – si è inginocchiato e ha baciato i piedi dei suoi ospiti – con il quale papa Francesco ha concluso, l'11 aprile scorso, l'incontro con i leader politici e religiosi del Sud Sudan, momento finale dell'altrettanto inconsueto ritiro spirituale di due giorni organizzato in Vaticano, e segnatamente a Santa Marta, accogliendo una proposta del primate anglicano Justin Welby. YouTube attesta, per i servizi video italofoni di “Vatican News” e di Tv2000, più di trentamila visualizzazioni; la somma si moltiplica per dieci se si lancia la ricerca usando altre lingue. Chi guarderà il video integrale dell'incontro ( tinyurl.com/yxadonbw ) potrà apprezzare ancor più, anche solo correndo al minuto 29, quel che il Papa ha fatto. Il sanguinoso conflitto interno al Sud Sudan appartiene al novero di quelli «dimenticati» (secondo l'espressiva classificazione ideata a suo tempo dalla Caritas italiana) dai principali flussi informativi, né il fatto che si mettesse in piedi un'iniziativa al tempo stesso «spirituale, ecumenica e diplomatica», come l'ha definita in apertura il cardinal Parolin, era bastato di per sé a rendere l'invenzione anglicana-romana poco più che visibile. Se dunque Francesco, con il suo gesto, avesse ottenuto solo questo risultato, di avere come testimone l'opinione pubblica mondiale dell'impegno dei contendenti del Sud Sudan a rinunciare alle armi per risolvere le loro controversie, sarebbe già valsa la pena. A ciò si può aggiungere che dunque, ragionevolmente, questo gesto non è divenuto popolare a motivo del contesto, ma semplicemente per le profonde risonanze evangeliche che esso suscita per sé stesso in chi lo guarda. E a maggior ragione in chi ne è destinatario, deve aver pensato Francesco, giacché tutti i presenti erano lì per aver ricevuto l'invito a un ritiro spirituale che solo sulla base del comune Vangelo ha potuto essere accettato.
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