Perché dobbiamo alzarci, alla mattina? Questo tempo di forzata distanza dalle consuete attività sta poco alla volta mettendo a fuoco questa domanda, che è centrale per la nostra vita. Ci alziamo per andare a lavorare o per portare i bambini a scuola, ci alziamo per andare in gita, al ristorante, dai nonni, persino a Messa... Ma in questo ormai lungo “non poter fare”, quali sono i motivi che abbiamo per alzarci? È una domanda che di solito la vita pone quando arriva la vecchiaia; ma in questo caso spesso non la prendiamo sul serio e ci limitiamo ad ancorarci al momento presente: le piccole cose, la sopravvivenza. Altre volte è una domanda che irrompe in circostanze particolari, come malattie invalidanti che interrompono i nostri percorsi consueti, o un lutto grave che ci colpisce e ci disarciona. Ma l’eccezionalità dell’evento trasforma in questi casi la domanda e la risposta in questioni intime e personali. Ora accade qualcosa di diverso: la domanda è diventata più generale, e riguarda ogni età e ogni condizione. In un giorno qualunque, molti di noi si alzano senza un preciso programma di cose “da fare” che rendano oggi diverso da ieri. Dunque, perché alzarsi? Potremmo leggere un libro, vedere un film, ascoltare della buona musica... . Ma perché? Svagare, intrattenere, distrarre, sono attività utili solo come strategie di attesa. Cosa aspettiamo allora? Che tutto riprenda “come prima”?
Sta capitando una cosa apparentemente strana: se da un lato tutti abbiamo il desiderio che la vita riprenda il suo corso, dall’altro qualcosa dentro di noi non vuole che tutto riprenda “come prima”. Quasi con un senso di vergogna, le persone più attente confessano: dubito di desiderare davvero un ritorno alla “normalità”. Questa normalità, che pure ci manca, nello stesso tempo ora ci inquieta: contiene infatti un frastuono che per abitudine avevamo smesso di sentire, un affanno di cui tutti ci lamentavamo ritenendolo però inevitabile. Dentro quella “normalità” non avevamo bisogno di domandarci cosa ci faceva alzare la mattina, ma forse si trattava solo di una domanda rinviata, sepolta dalla fretta e dal rumore. Cosa ci sta dunque insegnando, se vogliamo davvero interrogarlo, questo tempo forzatamente sospeso, inquietante, eppure dotato di un suo inconfessabile fascino? E cosa, di quello che ora non possiamo avere, ci manca davvero? Forse ciò che questa situazione ci sta ricordando è che per alzarci al mattino abbiamo bisogno di avere la percezione di un compito da svolgere: un compito che ci riguardi personalmente e che abbia un significato. Ci viene in soccorso a questo proposito il pensiero di uno psicanalista spesso dimenticato, Viktor Frankl, che scriveva: “L’essenza dell’esistenza umana sta nella sua auto–trascendenza... . Essere–uomo vuol dire... essere orientato verso qualcosa che sta al di là o al di sopra di noi stessi, qualcosa o qualcuno, un significato da realizzare, o un altro essere umano da incontrare o da amare”.
Questo è ciò che può farci alzare ogni mattina, a qualunque età e in qualunque condizione: sentire di essere necessari perché abbiamo un compito, qualcosa
che riguarda in modo specifico proprio noi e che si colloca sempre in direzione dell’altro. “Tutto intorno a te” è lo slogan onnipresente che svela oggi il suo fallimento: nessuno di noi trova davvero sufficiente alzarsi la mattina solo per soddisfare i propri veri o presunti bisogni; anche se forse non diamo questo nome al nostro disagio, sentiamo tutti la nostalgia di un compito e di un significato. E il nostro compito, come ci ricorda Romano Guardini, non è qualcosa di astratto o di lontano, ma si trova, nascosto e vicinissimo, proprio lì dove siamo: nelle caratteristiche esatte della nostra biografia. Quella famiglia, quel lavoro, quella storia, quella nostra personalità: lì si trovano il senso e il compito per noi.
E questo è ciò che dobbiamo scoprire o riscoprire: perché alla ripresa il fare non torni ad essere affannarsi, lo stare insieme sia vera relazione, e lo scopo del nostro agire non torni ad essere solo il
rispondere ai troppi
bisogni indotti dal mercato.
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