«Cinque anni per prepararsi al nostro esame di maturità. E quando sembrava tutto pronto, la nostra quotidianità viene ribaltata: l’ovvio diventa prezioso, lo scontato diventa impossibile. E noi diventiamo parte della storia». Sono le voci di una ragazza e di un ragazzo poco più che diciottenni che si intrecciano per dare il via a Maturità 2020 – Diari, in onda dal lunedì al venerdì su Rai 3 (dapprima alle 20.50, ora nel pomeriggio intorno alle 16.00, comunque rintracciabile su RaiPlay). Filmandosi con i propri telefonini, due studenti per volta, da un capo all’altro d’Italia, raccontano in una ventina di minuti la propria generazione di maturandi come l’unica (e speriamo ultima) a chiudere gli studi superiori in questo modo. Ne viene fuori un videodiario giornaliero, tra paure e solitudine, ma anche tra sogni e ambizioni, che conferma come la tv ai tempi del Coronavirus abbia imparato l’arte di arrangiarsi intuendo che durante l’emergenza sanitaria non c’era alternativa a una sorta di fai da te per creare nuove produzioni. E questi ragazzi, il fai da te, lo fanno con estrema disinvoltura, padroni del mezzo, avvezzi a postare storie sui social. Tanto che i loro racconti, in cui intervistano anche genitori e parenti, vanno ben oltre la contingenza della prova scolastica finale aprendo finestre sulla loro vita privata. C’è anche la ragazza musulmana con tanto di velo (che ormai, bisogna dirlo, fa tendenza in tv) che oltre alle giornate di studio di fronte al computer racconta il suo rapporto con la religione. Ma il vero problema di questi ragazzi è che sono stati costretti a vivere in modo virtuale gran parte di uno dei momenti più reali e significativi della giovinezza: l’esame di maturità, che come tale (lo dice il nome stesso) resta un passaggio fondamentale della vita, anche se negli ultimi anni lo si è enfatizzato in modo eccessivo con libri, film e riti scaramantici. Ma a loro, ai ragazzi nati nel 2001 (anno mitico della presunta Odissea nello spazio e tragico per l’attentato alle Torri Gemelle), non è toccato niente di tutto questo: né l’ultima gita, né i cento giorni, né la notte prima degli esami. A loro è rimasto solo l’orale in presenza, ma a distanza di sicurezza.
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