L'uso continuato dell'antilingua (vedi i cosiddetti "diritti civili", il "diritto di abortire", di morire, di commerciare con il "materiale genetico", di fare figli mediante un adulterio di fatto, e via dicendo) finisce con lo stravolgere le coscienze e far prendere il male per il bene. Non si può definire diversamente l'entusiasmo con cui una gran parte di uomini e donne pretendono, per esempio, la libertà di aborto. Peggio: di come alcuni quotidiani laici(sti) hanno annunciato la resa del Parlamento polacco sulla questione non di abolire ma di ritornare a una legislazione severa in questa materia. Vediamo. La prima pagina dell'Unità (venerdì 7) titola: «Polonia, hanno vinto le donne». E all'interno del giornale: «Bocciato il bando dell'aborto». La parola "vittoria" è comune, anche il Corriere della Sera la usa: «L'aborto e la vittoria delle donne». Il manifesto ripesca un vecchio, assurdo slogan: quella per l'aborto «è soprattutto una battaglia di civiltà». È questa la civiltà di quel po' di neocomunismo che quotidianamente manifesta? La Repubblica è andata molto oltre: «Il no dei polacchi al divieto di aborto ha vinto sui barbari». Questo è davvero un rovesciamento del significato delle parole, anzi del pensiero, dell'etica comune e condivisa. Sarebbe dunque barbarie non l'uccisione dei figli nel ventre materno ma il suo divieto, la politica per la vita. Effetti delle singole morali autodeterminate e personali. Il Fatto Quotidiano è insieme gravemente strabico e tragicomico. Ecco il suo titolo: «Niente aborto? Allora niente figli». Qualcuno, per favore, ci spieghi questo gioco di prestigio. Ma anche le femministe polacche sono un po' singolari. È ancora la Repubblica che ha presentato la manifestazione a favore dell'aborto così: «Le donne in nero di Varsavia». In nero? Un lutto anticipato per i futuri aborti? E nella cronaca: «Un Paese (la Polonia) che lancia un grido o, meglio, un ruggito internazionale». Ma i leoni non abortiscono e difendono coi denti i loro piccoli.MATEMATICA AMBIGUAIl «Matematico Impertinente» (così a Odifreddi piace essere chiamato) ha partorito un Dizionario della stupidità. Tra queste, ha detto in un'intervista a Libero (domenica 2), ci sarebbero la fede in un «Cristo che non è neppure esistito» e il cristianesimo che «è una stupida truffa». E poi: le date antecedenti la nascita di Gesù si devono scrivere «-405 invece di 405 a.C.» (come se l'anno fosse un termometro). Un'altra «stupidità» è l'esistenza del «liceo classico», perché «produce prosopopea e non rende automaticamente più intelligenti». Sarà bene, perciò, avvisare i liceali e gli ex del Classico del rischio causato dall'ambiguità di quel «della stupidità», che può essere riferito alle voci contenute nel dizionario, ma anche all'uso di indicare in questa forma (esempio: il romanzo del Manzoni) l'autore che lo ha compilato.
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