Secondo Maurizio Mori, docente all'Università di Torino e presidente della "Consulta di Bioetica" (il contraltare laicista del Consiglio Nazionale di Bioetica), la dottrina cattolica avrebbe gravi «falle» sul diritto alla vita. Per capire il personaggio, ricorderemo che Mori difese i due ricercatori Alberto Giubilini e Francesca Minerva, entrambi membri del Direttivo della Consulta, quando pubblicarono sul "Journal of Medical Ethics" la loro tesi che «uccidere un neonato dovrebbe essere permesso in tutti i casi in cui lo è l'aborto, inclusi quei casi in cui il neonato non è disabile». Mori negò che questa tesi «sia di per sé tanto assurda e balzana da essere scartata a priori solo perché scuote sentimenti profondi». Qualcuno, però, ha fatto notare che quella tesi poteva essere letta alla rovescia, cioè anche come riconoscimento della pari condizione umana dei bambini non ancora nati con quelli già nati, confermandone così la personalità. Giubilini e Minerva l'avevano evidenziata a loro insaputa. Ora Mori ha scoperto – e l'ha scritto su Il Sole-Sanità (lunedì 16), ma sembra che non l'abbia capito – che il cardinale Siri, arcivescovo di Genova, nella prolusione con cui aprì la XXVI Settimana sociale (1953), usò un acuto artificio retorico per descrivere il valore quasi divino del concepito. Affermò (cito dall'articolo di Mori) che «il fatto della vita che ovunque pulsa» non è un soggetto di diritto, «sicché si possa parlare di diritto alla vita», ma è «rivelatore di una divina volontà, che gli uomini sono tenuti a rispettare», perché «il cammino della vita nel mondo va mantenuto nei termini che il Creatore ha disposto». In sostanza Siri spiegava che il «diritto» alla vita è insufficiente a descrivere ciò che l'uomo è e vale. Secondo la distinzione delle «competenze» di Cesare e di Dio fatta da Gesù, i diritti riguardano il livello puramente umano delle cose (competono a Cesare, avrebbe detto). Invece la dignità della vita umana è competenza di Dio. «Solo negando Dio e la sua Provvidenza – disse il Cardinale e Mori riferisce – l'uomo può pensare di correggere o mutare il cammino della vita dietro il quale sta Iddio ed è Lui che si deve rispettare, rispettando la vita». Insomma la vita è un dono di Dio e solo Lui può darla e toglierla. Niente «falle», professore: lei ha divulgato argomenti a difesa del diritto umano alla vita. Grazie, anche se lei l'ha fatto a sua insaputa. LA PANCHINA DEGLI ATEIA Bradford, città della Florida, è stato eretto «il primo monumento a chi non crede». L'hanno collocato – informa Il Fatto (lunedì 9) – a pochi passi da quello cristiano che celebra i dieci Comandamenti. Mentre questo riproduce le pietre che Mosè ricevette sul monte Sinai, quello è stato realizzato, dicono i promotori, per dimostrare che «ci battiamo contro l'imposizione della cultura cristiana». «Per noi è un segno», aggiungono. E il giornale spiega: «Perché di mille battaglie e certezze tagliate con l'accetta, resta il vuoto quando si spegne la luce la sera e si va a dormire. Di tutto quel non credere in nulla resta una solitudine e la ricerca di una spalla a cui aggrapparsi quando sembra essere arrivata la fine». Il monumento, però, non è una spalla ma una panchina con un po' di scritte, dove la gente va a sedersi, le legge e chiacchiera. Come i pensionati soli e in cerca di compagnia ai giardini pubblici.
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