«Per l'uomo della strada Adone è semplicemente... un adone: il personaggio del mito tende a sparire dietro la preziosa antonomasia, da molto tempo lessicalizzata, in cui l'italiano e altre lingue europee designano ogni ragazzo molto bello». Lo scrive Alessandro Grilli in Adone. Variazioni sul mito (Marsilio), interessante tuffo nella classicità. Come sempre, le cose sono più complicate di come appaiono, tanto più nella mitologia, dove s'intrecciano fonti diverse per raccontare storie discordi sullo stesso personaggio. Quanto ad Adone, è affine al Tammuz babilonese, e il nome Adone è forse il titolo semitico Adon (“signore”) col quale era noto ai Fenici. Una delle fonti più antiche è un Inno della poetessa Prassilla di Sicione (V sec. a. C.) che non fa fare ad Adone una gran figura, presentandolo come un ingenuo sempliciotto, tanto che in epoca bizantina vigeva il proverbio «più stupido dell'Adone di Prassilla», perpetuando così l'idea che la bellezza maschile sia associata alla poca intelligenza. Ma forse è una diceria dettata solo dall'invidia, del resto applicabile anche alle donne belle, quasi che l'intelligenza sia appannaggio delle brutte, mentre quasi tutti conosciamo donne brutte che sono anche stupide.Di fatto, nei poemi che lo riguardano, Adone è silenzioso e il parlar poco potrebbe semmai essere indizio di saggezza. Grilli esplora il mito attraverso i racconti di Teocrito, Bione, Ovidio, Ronsard, Shakespeare, La Fontaine, Shelley, Yeats, fornendo un'antologia di testi tanto suggerenti quanto poco frequentati.Il nocciolo del mito riguarda Venere che s'innamora del bellissimo Adone, pastore e cacciatore (e già sull'accostamento delle due attività, nelle culture arcaiche, ci sarebbe molto da dire), il quale viene poi sbranato da un cinghiale che forse è un travestimento setoloso di Ares geloso. Venere non si dà pace e prorompe in lamenti luttuosi, per cui il mito di Venere e Adone associa, ben prima di Freud, eros e thanatos, amore e morte. Infatti, le Adonie erano riti festosi che scolorivano in lutto, celebrati a Biblo, ad Alessandria, ad Atene e in Egitto. In ogni caso, Venere è pur sempre una dea, mentre Adone è mortale, e il loro amore “ipergamico”, cioè in cui è dominante la partner femminile, non poteva – nella cultura greca e forse anche dopo – che finir male. Di più. Il rapporto tra Venere e Adone adombra l'opposizione tra Natura e Uomo: la divinità di Venere («la mia bellezza rinasce come la primavera») adombra la dimensione ciclica dell'esistenza, mentre la temporalità di Adone è solo lineare. Queste considerazioni nascono dalla lettura che Grilli applica alla prima opera di Shakespeare, Venus and Adonis (1593), ed è la parte più originale e sorprendente del libro. L'Adone scespiriano, infatti, in minoranza rispetto alla tradizione, non corrisponde alle profferte decisamente lascive di Venere, e giunge a esclamare: «Non odio l'amore ma il tuo modo di amare [...] Amore scalda come il sole dopo la pioggia, / ma Lussuria è la tempesta dopo il sole; / Amore è una primavera sempre fresca, / Lussuria è un inverno in piena estate; Amore non sazia mai, Lussuria muore ingorda; / Amore è tutto verità, Lussuria tutta falsità».Qui Adone raggiunge un altro eroe del mito, Ippolito, che respinge le profferte di Fedra, in assenza del marito Teseo, salvo poi accusarlo ingiustamente provocando la vendetta di Teseo. E non si può non pensare al biblico Giuseppe che resiste alle avances della moglie di Putifarre (Gen 39,6-20).Alessandro Grilli, che insegna Storia comparata delle letture classiche all'Università di Pisa, lascia sullo sfondo l'Adone di Giambattista Marino (1623), che oscillando tra una versione virile e una più infantile del protagonista, rende il poema «benché superlativo per qualità poetiche, una congerie narrativa improbabile e traballante».
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