sabato 29 febbraio 2020
Ormai da diversi anni sta avvenendo qualcosa di novum, di mai visto, mai udito, mai sperimentato: che mette in gioco il destino individuale delle persone e collettivo dei popoli: la rivoluzione tecnologica dei media digitali che accanto a inedite possibilità ci consegna - paradossale contrappasso della sua connessione totale e costante - un salto dalla socialità del noi alla solitudine dell'io; e la rivoluzione sociale dell'immigrazione che alla dimensione della storia affianca ed esalta, imperiose, due nuove dimensioni: la geografia e la demografia. Se calcoliamo che ogni minuto nascono cinquantasette africani, trentadue cinesi, ventinove indiani e meno di un italiano (per l'esattezza due ogni tre minuti) e che meglio di noi non se la passano anche gli altri Paesi europei; se poniamo mente al fatto che all'inizio del Novecento un abitante al mondo su quattro era europeo e che di qui a trent'anni lo sarà uno su quattordici, capiamo bene che tra un secolo, se e quando verrà fatta la vera Europa, gli europei rischieranno di non esserci più. Di fronte a tale prospettiva sarà più saggio e gioverà persistere nel rivendicare i nostri primati oppure stipulare un'alleanza tra il vecchio Occidente e i giovani Oriente e Sud del mondo?
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