«Michel Houellebecq è cristiano? Solo Dio lo sa. Una cosa è certa, e lo scrive nero su bianco: “Sono cattolico nel senso in cui mostro l’orrore di un mondo senza Dio”». Così Jean de Saint-Cheron, saggista francese, nel suo recente Chi crede non è un borghese (Lev), testo che l’ha fatto conoscere in Italia. Proprio su queste pagine, qualche tempo fa, Roberto Righetto dava conto di come in Francia fosse diventato oggetto di studio come autore “cristiano” quel romanziere di successo, acclamato e criticato, letto avidamente tanto quanto oggetto di polemiche, che risponde al nome di Michel Houellebecq. Il quale può “funzionare”, mi si passi il termine, come purificatore moderno di una fede acquietata e, appunto, borghese. Prendiamo la provocazione di Paul, il protagonista di Annientare (La Nave di Teseo): «Priviamo la nostra vita d’ogni motivazione e di ogni senso; è puro nichilismo. Svalutare il passato e il presente a beneficio del futuro, svalutare il reale per preferirgli una virtualità situata in un vago avvenire… Quindi no, in effetti, non sono cristiano; tendo anzi a ritenere che sia cominciata proprio con il cristianesimo, questa tendenza a rassegnarsi al mondo presente». Anche da chi critica la fede si può cogliere un anelito: in questo caso, per una religiosa compromessa con gli uomini e le donne di oggi, con le loro angosce e inquietudini.
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