Prezzi delle arance alla frutta
sabato 9 gennaio 2010
Negli Usa i prezzi del succo d'arancia volano alle stelle, in Italia quelli delle arance destinate alla produzione di spremute crollano a livelli mai visti. Non si tratta solamente della solita altalena di quotazioni alla quale spesso si assiste, ma della conseguenza di un mercato complesso e complicato e, soprattutto, viziato da forti speculazioni di fronte alle quali gli imprenditori agricoli appaiono impotenti. La vicenda dei prezzi delle arance, insegna molto sul livello di internazionalizzazione ormai raggiunto dall'agricoltura. Guardiamo ai fatti. Al mercato future di New York i contratti per il succo di arancia da consegnare a marzo (tecnicamente quello che si chiama Frozen concentrete orange juice FCOJ), hanno raggiunto il valore massimo da due anni pari a 1,4965 dollari per pound. Tutta colpa delle forti gelate in Florida che hanno costretto il Governatore a chiedere lo stato di emergenza per i danni alle coltivazioni di agrumi che stanno seriamente compromettendo i raccolti. La vicenda ha scatenato quella che la Coldiretti ha bollato come una «speculazione in attesa di un crollo della produzione», che «si è spostata dai mercati finanziari a quelli delle materie prime agricole facendo balzare in alto il prezzo delle arance».
Fin qui, si potrebbe dire, sono fatti d'oltreoceano. In Italia, invece, va esattamente al contrario. La nostra produzione è stimata pari a 2,3 milioni di tonnellate con i prezzi in forte ribasso. Le arance destinate a succo per l'industria vengono pagate appena 3-4 centesimi al chilo (quelle per il consumo fresco 25-30 centesimi al chilo). Una situazione che - stando sempre ai produttori - sta comportando la perdita di posti d lavoro e favorisce il fenomeno del lavoro nero. Quanto accade in USA, tuttavia, dovrebbe avere effetti anche in Italia. L'aumento del prezzo delle arance a New York, infatti, dovrebbe influenzare positivamente anche quello del prodotto italiano. Le arance, come il grano e gli altri cereali, fanno ormai parte di un mercato globale che ha il suo fulcro nel porto di Amsterdam dove arriva succo concentrato da tutto il mondo che viene poi smistato in tutta Europa. Ma non è così semplice. La crescita dei prezzi potrebbe anche non andare a beneficio dei produttori ma degli altri segmenti della cosiddetta filiera
produttiva. È sufficiente che grossisti e trader internazionali si mettano per traverso, a scapito di chi non riesce ad ottenere le adeguate quantità di merce in grado di formare il prezzo sul mercato.
E non solo. Perché anche gli agrumicoltori italiani devono fare i conti con l'andamento del clima. Alla pari delle imprese industriali quotate in Borsa, anche molte di quelle agricole sono così completamente inserite in meccanismi economici
che con la produzione dei campi non hanno nulla a che fare. Diversa, invece, è la capacità degli agricoltori di determinare i cambiamenti di mercato. È proprio questo il grande scoglio che l'agricoltura
non è ancora riuscita a superare definitivamente.
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