«Ci vorrebbe uno Spirito Santo progressista – professione sconosciuta – capace di toccare le orecchie e gli occhi della sinistra italiana…». La cultura laicista dev'essere assai povera di concetti e di parole se i suoi sostenitori si trovano costretti a cercare nel linguaggio del Vangelo o del Catechismo le loro espressioni più efficaci.
Chiedo scusa ai lettori se ho riportato alla lettera la frase con cui un personaggio noto e colto (l'ex direttore dellaRepubblica) ha iniziato un suo articolo di fondo (giovedì 5) sull'«ultima frattura della sinistra».
Lo stesso giorno un altro articolo (questo di una redattrice del medesimo quotidiano) commentava una «provocazione di Roberto Saviano», campione anche lui del laicismo, il quale propone di incidere nelle aule giudiziarie, stravolgendola, la quarta Beatitudine del Vangelo di Matteo (5,6): «Beato chi ha sete di giustizia, poiché sarà giustiziato».
Al medesimo livello c'è Il Foglio che (venerdì 6), per la medesima circostanza, critica in prima pagina il suo ex direttore, «uomo laico tutto d'un pezzo», e lo accusa perché scrive sul suo ex giornale come se avesse «adottato papa Francesco come fosse un profugo» e poi tira in ballo – qui non si sa perché – i Novissimi sbagliandone, però, l'ordine logico: «giudizio, morte (quantomeno apparente), inferno o paradiso». La conclusione arriva in una lingua laicistese ormai decrepita: «Il profumo del Politburo è sempre meglio di quello di sagrestia».
QUEL "MONDO NERO"
Prima pagina di Libero (mercoledì 4): «Mondo nero» e sopra, per precauzione, «senza offesa per i fascisti». Il colore «nero», infatti, «qui è da intendersi come tratto somatico». È quello dei migranti e delle loro «bande di africani che terrorizzano i passeggeri e picchiano i ferrovieri» (c'è stato un episodio sabato 30 settembre tra Venezia e Bassano del Grappa).
Quel «senza offesa» serve forse a non dare del «migrante» alle «oltre mille persone» che hanno ascoltato i due governatori Luca Zaia, "doge" del Veneto, e Roberto Maroni, presidente della Lombardia, parlare di referendum al Pala-Collodi, annunciando che «dopo il 22 ottobre niente sarà come prima». Infatti, «se il Sì prevarrà come da pronostico, i rappresentanti delle Regioni più ricche a nord del Po marceranno su Roma... per arrivare all'obiettivo tanto sperato: l'autonomia».
Tranquillizzatevi, non parlavano in spagnolo né in catalano. Però dopo quel «mondo nero» e dopo il titolo di Libero che annunciava «Maroni e Zaia pronti a marciare su Roma», è inevitabile ricordare un'altra Marcia su Roma, quella del 28 ottobre del 1922. Coincidenze significative e rischiose? Attenti a non svegliare quel «mondo nero».
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: