Non voglio fare torto ad altri libri utili, belli, interessanti o necessari, ma vorrei proporre ai lettori di scegliere come proprio «libro del mese», qualunque sia il mese in cui vorrete leggerlo, un piccolo testo di John Berger scelto e curato da Maria Nadotti: Perché guardiamo gli animali? Dodici inviti a riscoprire l'uomo attraverso le altre specie viventi (Il Saggiatore).È un libro che mantiene la promessa formulata nel sottotitolo. A me, negli ultimi tempi, non era mai successo di pensare così intensamente e fra sentimenti così vari, insoliti e contraddittori, al destino degli umani e degli animali nello spazio di questo pianeta sempre meno naturale, sempre meno «vero».Berger parte dallo sguardo, quello nostro sugli animali e quello degli animali su di noi, per arrivare a tutto il resto. In questo sguardo c'era una volta qualcosa che si è perso, o meglio che la nostra società e cultura hanno distrutto. Oggi guardiamo gli animali, anche i più irraggiungibili, fotografati con tecniche sofisticatissime che ce li mostrano come nella realtà mai potremmo vederli. Li guardiamo perché non li incontriamo e quelli che guardiamo senza incontrarli non sono animali.La neutralizzazione della presenza animale in mezzo a noi, il suo allontanamento irrealizzante è avvenuto già nell'Ottocento con l'istituzione degli zoo. Già lì lo sguardo fra animali e esseri umani era profondamente modificato. L'animale in gabbia perde il suo fondamentale istinto alla sopravvivenza e ci guarda senza essere più quello che era, mentre noi lo guardiamo con immancabile delusione perché non somiglia abbastanza a una bella foto. Guardarsi e realizzare la presenza reale l'uno dell'altro: quando la distanza e l'estraneità dei reciproci mondi è stabilita una volta per tutte, non si guarda che l'assenza di rapporto, si contempla la nostra fatuità culturale, ci si svaga, ci si distrae, si sogna a occhi aperti, più che vedere.Il saggio di Berger che dà il titolo al volume può essere letto come una breve storia del genere umano, dei suoi rapporti con se stesso e con la propria fisicità attraverso il suo rapporto con gli animali, prima presenti nella sua vita quotidiana e da due secoli sempre più assenti. Così l'istinto fisico naturale viene anche in noi indebolito e spento, le astrazioni puramente mentali governano la produzione e il potere. Esseri umani disumanizzati continueranno a mangiare o accarezzare animali ridotti dall'uomo alla misura dei propri astratti desideri.
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