La cultura sociale (quella prevalente nella totalità dei cittadini) e la cultura politica di un paese (quella prevalente fra i politici e gli amministratori) sono strettamente legate. I cittadini si lamentano dei politici, ma questi ultimi sono innegabilmente espressione dell'intera società: e questo anche se la dimensione specifica del “fare politica” è in parte una cultura a sé, un modo di essere e di fare che tende a omologare la mentalità e i comportamenti dei politici attivi, distinguendoli da chi la politica non la fa. Chi ha più potere può socialmente fare più male e più bene di chi ha meno o nessun potere. In questo senso, una classe dirigente corrotta incrementa la corruzione nella vita quotidiana di tutti, rendendola così più “normale”, accettabile, ovvia. Si tratta di un'interazione bilaterale. Chi accetta e trova normale o conveniente o comoda una vita sociale senza regole morale e civili, voterà politici e partiti più disposti sia a tollerare che a praticare la corruzione. Si dice che in politica la corruzione è dovunque, è un fenomeno endemico. Ciò non toglie che si tratta di quantità. In alcuni paesi o aree territoriali la corruzione è accidentale, altrove è un dato che caratterizza e condiziona tutta l'economia e la vita. L'Italia è purtroppo tra i paesi più colpiti da questa patologia. L'ottimo volume Politica e corruzione. Partiti e reti di affari da Tangentopoli a oggi, con il contributo di una decina di sociologi, curato da Rocco Sciarrone per la Fondazione Res, prefazione di Carlo Trigilia (Donzelli, pagine XII+294, euro 35,00), si apre così: «La corruzione politica è considerata uno dei principali ostacoli alla crescita economica e civile del paese. Essa è ancor più preoccupante nel mezzogiorno, dove si combina con l'influenza della criminalità organizzata». Il che significa che fra la criminalità organizzata e lo Stato sussistono troppi rapporti di reciproca influenza, infiltrazione e complicità. Il dato nuovo che emerge da queste ricerche è che, rispetto ai tempi di Tangentopoli, i partiti non sono più al centro della scena nello spartirsi finanziamenti occulti ottenuti da privati in cambio di favori: oggi i partiti sono gli strumenti di cui i politici corrotti si servono per arricchirsi e rafforzare il proprio potere personale. La conclusione generale può essere questa: per combattere e arginare la corruzione non basta controllare i partiti, è necessaria una crescita della coscienza civile e morale dell'intera società.
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