Pinocchio, l'omino tagliato nel legno della nostra umanità
venerdì 29 gennaio 2016
Pinocchio ovvero della disobbedienza. Pinocchio ovvero del rifiuto della coscienza morale. Pinocchio ovvero delle esperienze che alla fine portano a ritrovare la madre e il padre perduti. Del povero Carlo Lorenzini, nome vero di Carlo Collodi, quasi non ci si ricorda, il suo personaggio però ha fatto il giro del mondo, oltre a essere (chissà) il prototipo sia dell'infanzia universale che del carattere (infantile?) di noi italiani. Si può capire perché su Pinocchio abbia voluto di nuovo attirare l'attenzione Antonio Debenedetti, pubblicando nella collana "Maestri" da lui diretta per la Elliot, un essenziale libro minimo in cui sentiamo parlare del nostro burattino quattro inconfondibili talenti toscani come l'attore Paolo Poli, i critici e scrittori Giovanni Papini e Pietro Pancrazi, il giornalista Indro Montanelli. La quarta di copertina ricorda poi due definizioni epigrafiche che possono sorprendere: una di Benedetto Croce («Il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l'umanità») e l'altra di Alberto Savinio («La Bibbia del cuore»). Comincia Paolo Poli, tanto per indicare il teatrale dinamismo di questo classico. I dialoghi in Pinocchio sono le parti che si ricordano meglio: «Come si chiama tuo padre?». «Geppetto». «E che mestiere fa?». «Il povero». «Guadagna molto?». Poli dice che in Collodi si sente Dickens, autore che fu di successo anche in Italia. Poi cita quello che gli sembra «quasi un monologo interiore» alla Joyce: «Poveri ragazzi, tutti ci dicono cosa dobbiamo fare, tutti vorrebbero essere i nostri babbi, i nostri maestri e noi poveretti cosa dobbiamo fare?». Papini ricorda un'antica novella toscana che la madre gli raccontava da bambino, «L'Omino di legno», probabile antecedente di Pinocchio. Pancrazi dice che lui ogni inverno prende il libro e se lo rilegge vicino alla stufa. I perché di questo ritorno a Pinocchio sono molti, ma al primo posto – dice Pancrazi – c'è che ogni anno sente di «volergli più bene». Anche a questo sentimento c'è un perché: Pinocchio è buono e generoso, «è pronto al sacrificio ogni volta che può salvare o aiutare qualcuno». E gli altri personaggi in fondo sono come lui, «buona gente e poveri diavoli». Salvo, io direi, il diabolico Omino di burro che porta i bambini nel Paese dei balocchi e li trasforma in maltrattati asinelli da circo. Montanelli ricorda che il libro lo sapeva a memoria, eppure nel paese di Collodi, da cui Carlo Lorenzini prese il suo pseudonimo, succedeva che non si sapesse neppure in quale casa lo scrittore era nato.
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