Con la solita, implacabile ironia Fabio Colagrande scrive sul suo diario: «Ormai trovo illeggibili il 75% dei post pubblicati su Facebook. Compresi i miei», mietendo divertiti consensi. Ma quel 25% di leggibili non è poco, ed è proprio lì in mezzo che ne rintraccio due, consecutivi, di Lucio Brunelli: sono entrambi relativi a immagini che l'autore ha tratto da un antico Evangeliario siriaco, custodito nella Biblioteca apostolica vaticana.
Nel primo ( bit.ly/3xCUR5D ), anche su Twitter, si legge: «L'umanità del primo Papa (e dell'arte medievale). Pietro affranto per aver rinnegato Gesù piange a dirotto mentre il gallo canta». Il secondo ( bit.ly/3ktM2Ho ) mostra ciò che Brunelli intitola «Lazzaro ridens», e che commenta così: «Lo raffigurano sempre col volto serissimo, ancora color bianco cadaverico. Eppure Lazzaro deve essere stato contento d'essere tornato alla vita».
La qualità giornalistica di Lucio Brunelli, formalmente «pensionato» (ma conosco pochi colleghi che si siano totalmente astratti dalla professione, anche dopo avere lasciato la quotidianità della redazione), non ha certo bisogno di essere confermata da due post. In ogni caso, in essi c'è tanto da apprezzare: la curiosità di andare a visitare questa Biblioteca, l'efficacia di una definizione sintetica, la capacità di cogliere un dettaglio e di interpretarlo in modo attraente.
Vedendo poi assieme le due immagini, viene forte la tentazione di cogliere un nesso. C'è un apostolo di Gesù (e quale apostolo) che davvero piange a dirotto, con il fazzoletto in mano, in uno dei momenti più toccanti della Passione tra quelli che non hanno il Cristo per protagonista. E c'è un amico di Gesù, un amico dei più stretti, che ride di un riso fanciullesco, come speriamo di fare anche noi quando risorgeremo dai morti. Viene in mente il Salmo 29: «Alla sera ospite è il pianto, e al mattino la gioia». Eppure sono solo due post su Facebook.
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