mercoledì 1 maggio 2013
I passi sono rapidi sulla polvere, tra i sassi, gli sterpi. Giovanni deve tornare a Gerusalemme. I suoi doveri di studio da sacerdote lo chiamano. Chiede ad Andrea di tacere della sua presenza a casa di Gesù. La sua posizione è delicata, è in vista nella cerchia dei vicini al Tempio. Ne potrebbero nascere problemi per tutti. I due si guardano come da due promontori a picco sul mare. Cosa sta succedendo, si dicono senza dirlo. Si dividono. Giovanni, giovane figlio di Zebedeo, non torna in Galilea, lo aspettano a Gerusalemme. La sua carriera di sacerdote, il suo destino, i sacrifici fatti da suo padre per farlo studiare al Tempio, ora chissà. Il cielo bianco accompagna Andrea, lui non alza gli occhi dal sentiero che lo riporta velocemente verso casa, il lago di Genesaret. È là che abita, sulle rive di quel che chiamano pomposamente Mare di Tiberiade, da quando Erode ha costruito là una città ruffiana e ricca con il nome dell'Imperatore. Il lago deve il nome alla forma d'arpa. Come uno strumento abbandonato dal cielo. Lui e Giovanni hanno ascoltato per ore e interrogato quell'uomo. Ora sono pieni di fermento, come se stormi di pensieri si alzassero in ogni direzione. L'uno sa che l'altro sta rimuginando le stesse cose. Una specie di sgomento, con una punta di gioia irrefrenabile.
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