Si fa presto a dire “tutto il mondo è paese”. Quando vi capita di partire per un luogo in cui non siete mai stati, che sia per un giorno o un mese, che si tratti di un luogo a centinaia di chilometri da casa piuttosto che migliaia, c’è un attimo di riflessione sul posto che ci ospiterà. Sono arrivato – una settimana fa – a quasi 13mila chilometri da casa mia, nel sud del Cile, a Conception. Starò qui altre tre settimane. Vivere per così tanti giorni la quotidianità di un luogo sconosciuto, apparentemente così lontano dalla nostra cultura e dalle nostre abitudini, può destare qualche preoccupazione. Cosa si mangerà? Funzioneranno bene i servizi essenziali? Sarà una città sicura? Più il luogo sarà lontano da casa nostra più queste domande si insinueranno ronzanti nella nostra mente. E così ieri, durante una pausa dal lavoro, un collega brasiliano mi si avvicina. «Ho visto in videocall mia figlia di 7 anni, era così emozionata! Sai, ha cambiato scuola, è andata a vederla con la mamma e le piace molto». Poco più in là due colleghi cileni, con grande gentilezza, mi hanno raccontato dell’esistenza di un piccolo museo di storia naturale vicino al mio hotel, che racconta la storia di questa città e la tragedia dei grandi terremoti che nella storia hanno flagellato queste terre. Poi, durante la giornata, si è aperto un dibattito sulle empanadas, quali fossero le più buone in Sudamerica. Sentendo parlare i miei colleghi sudamericani, pensando alla cucina italiana, mi sono venuti in mente i panzerotti di un noto negozio vicino a piazza Duomo a Milano, ma anche i rustici leccesi. Qualche giorno dopo il mio arrivo in Cile, in una produzione dove non conoscevo quasi nessuno, mi scrive un messaggio dall’Italia Gigliola. «Salutami tanto Marisol!». E niente, tutto il mondo è paese. Ma il mondo è molto più piccolo e più vicino a noi di quello che pensiamo, al di là delle preoccupazioni – o pregiudizi – di quello che immaginiamo. © riproduzione riservata