martedì 10 gennaio 2023

Dettagli di visioni come tessere di mosaico compongono talvolta scenari di una verisimiglianza tale da risultare materica, quasi plastica, per come si ha la sensazione di toccare ogni particolare. Così nei versi di Elizabeth Bishop su un vecchio pescatore intento a riparare la sua rete di un “viola rossiccio”; poco oltre il luccichìo della lastra argentata del mare, le diverse gradazioni di grigio della superficie d’acqua, nell’aria l’odore del merluzzo. Preciso, affilatissimo lo sguardo della poetessa restituisce ogni dettaglio: geometrie di assiti, di doghe di botti, di venature del legno, «tristi macchie come di sangue secco là dove il ferro è diventato ruggine».

Particolare dopo particolare prende forma una visione d’insieme da cui sgorga poi e si staglia la conversazione con il pescatore. In un «freddo scuro profondo perfettamente limpido», dopo che quegli ha terminato di squamare i pesci, la poetessa e lui possono parlarsi. Possono farlo con profondità e chiarezza, per come prima e dopo ogni cosa è andata a segno nella rappresentazione. Altre visioni, di una foca, di alberi «affratellati alle loro ombre». Solo guardando in profondità siamo raggiunti dallo spessore di ogni cosa, attenti ad ascoltarne gli echi, la poesia questo anche insegna.

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