Perché il giovane prete youtuber si merita la popolarità di cui gode
venerdì 24 aprile 2020
In principio – posso dirlo? – fu “Avvenire”: il 1° aprile scorso ha rilanciato sul suo sito il video di don Alberto Ravagnani «A cosa serve pregare» ( bit.ly/2Kudz8E ), e ancora il 7 ne ha fatto uno dei protagonisti della pagina settimanale Portaparola. In questi giorni ne hanno parlato molti altri, dentro (“Aleteia”, “Famiglia Cristiana”, il “Sir”) e fuori (“Corriere della sera”) la blogosfera ecclesiale. E finalmente eccolo protagonista dell’ultimo tutorial WeCa, l’associazione dei webmaster cattolici, intervistato da Fabio Bolzetta ( bit.ly/2yEeRuS ). Non dirò che è una “consacrazione”, ma certo oggi in cima alla classifica dei preti–youtuber c’è don Ravagnani, che si è anche meritato le lodi del confratello digitale don Mauro Leonardi («Tutti dovremo imparare da lui»). 26 anni, della parrocchia di San Michele a Busto Arsizio (Milano), racconta a Bolzetta che non aveva mai fatto video in vita sua prima di provarci indotto dalla chiusura forzata dell’oratorio, ma deve averne visti parecchi, e infatti si definisce «abbastanza social» pur non riconoscendosi nella definizione di «smanettone». Questi filmati sono fatti proprio bene, nella sobrietà dei mezzi tecnici: lunghi quanto basta per dire qualcosa; ben scritti e ben recitati (ottime la mimica facciale e la gestualità, sebbene egli sia sempre in primo piano); molto ben montati. La Parola di Dio dev’essere davvero entrata a fondo in lui, come dice, per restituirla così efficacemente nel linguaggio degli oratori di oggi. Dodici i video finora pubblicati sul neonato canale YouTube “W la fede” ( bit.ly/2VVu8Q0 ). 39mila iscritti, 40mila visualizzazioni in media se si esclude quello sull’utilità della preghiera, che da solo sta sfiorando quota 500mila. A me è piaciuto molto il video del 16 aprile, dove don Ravagnani spiega ai ragazzi che la fede è come i capi di vestiario: arrivati all’adolescenza quella dell’infanzia ci va stretta e non ci piace più, ma allora va rinnovata, non buttata.
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