Non c'è unanimità sull'etimologia della parola snob. I più la fanno discendere dall'abbreviazione di sine nobilitate, con cui a Oxford venivano registrati gli studenti non nobili. Tuttavia, il Dizionario dello snobismo di Philippe Jullian, recentemente pubblicato in italiano da La Lepre Edizioni (Roma 2008, pp. 232, euro 16), informa che in islandese spaccone si dice snopr, e in sassone antico snab significa calzolaio. Comunque, se incerta è l'etimologia, altrettanto lo è il significato della parola: prevale una sfumatura di disprezzo nell'etichettare qualcuno come snob, anche se talvolta snobismo è sinonimo di raffinatezza. Paul Bourget, nel 1903, ha scritto che «lo snobismo è un omaggio che la cattiva educazione rende alla buona educazione», e del resto già Teofrasto (371-287 a.C.) usava un termine equivalente a snobismo, «microfilotimia», che sta per «una volgare distinzione» e «un dare importanza a cose senza importanza». Non bisogna fare confusione. Chic è snob senza accento peggiorativo; malgrado le apparenze, il vero dandy è il contrario dello snob, come Lord Brummel, di cui si diceva: «Amava stupire piuttosto che piacere». Il dandismo è una specie di mistica dello snobismo. Il Dizionario di Jullian è pieno di citazioni e di esempi divertenti, a cominciare dallo snobismo infantile: «Tutti i bambini sono snob, l'età è la loro aristocrazia. Quando un bambino più grande acconsente a giocare con un bambino di sette anni, quest'ultimo disdegna il suo amico di sei anni». Lo snob è comunque un arrampicatore sociale che imita i modi e i gusti delle persone che ritiene superiori. Infatti, il dizionario dell'Académie française definisce lo snobismo come «la vanità di coloro che ostentano le opinioni, i modi di essere e di sentire vigenti in certi ambienti ritenuti distinti». E per un buon dizionario italiano lo snobismo è «l'ammirazione non sincera anche di ciò che non piace o che non s'intende, per parere di gusto moderno o fine; e, in genere: il far quel che gli altri fanno per parere alla moda». Lo snob principiante è facilmente riconoscibile. Per esempio, se partecipa a una battuta di caccia, lo snob griderà: «Il cervo è scappato nella valle», anziché, come si dice fra iniziati: «L'animale è sbucato». Oppure annunzierà: «Il cervo è accerchiato dai cani», invece di: «L'animale è hallalì». I domestici, generalmente, sono più snob dei loro padroni, con precisi protocolli. Nei castelli inglesi, per esempio, il valletto di un duca veniva servito prima del cocchiere di un baronetto. La classe non è acqua: «C'è più semplicità in un uomo che mangia caviale per piacere, piuttosto che in un uomo che mangia pane duro per principio». È snob il name-dropper, cioè la persona che dissemina il suo discorso di riferimenti mondani e non riesce a dire una frase senza inserirvi un nome noto, con il quale affetta intimità. Esiste anche il gate-crasher, letteralmente, «colui che sfonda le porte», cioè chi prende parte ai ricevimenti ai quali non è stato invitato. Non manca lo snobismo del bel parlare. Per esempio, per raccontare un aneddoto o una storia di caccia, è molto indicata una chiara articolazione, tuttavia moderata da una leggera balbuzie molto «oxoniana» (mai dire «oxfordiana»). Altre definizioni: «Lo snobismo è la scala che conduce al barattolo vuoto di marmellata»; «È la retroguardia dell'avanguardia»; «Lo snob è un antropofago che mangia con la forchetta». Non si finirebbe mai di citare dal Dizionario dello snobismo, il cui autore, purtroppo, si è suicidato a 58 anni nel 1977. Una caduta di stile.
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